postato il 13 Luglio 2009 | in "Politica, Spunti di riflessione"

Mai giuste le pressioni. E così l’Idv infanga l’Italia

Pier Ferdinndo CasiniLettera al Corriere della Sera

Caro direttore,
spenti i riflettori del G8, il Governo ed il Paese sono chiamati a tornare subito a confrontarsi con l’urgenza dei problemi interni sollevati dalla crisi. Problemi aggravati da un lunghissimo periodo di stagnazione precedente che attendono dunque risposte strutturali per evitare che dopo l’attuale retromarcia della nostra economia, con una disoccupazione che il prossimo anno supererà la soglia del 10%, il Paese non si ritrovi di nuovo in folle, impantanato mentre gli altri agganciano la ripresa.
Servirebbero quelle riforme dunque, che ormai un po’ tutti invocano, dalla Banca d’Italia, alla Confindustria, ad ampi settori del sindacato.
Ma nonostante abbiano numeri senza precedenti nella storia repubblicana per introdurre una forte spinta di modernizzazione e innovazione — una spinta che peraltro troverebbe anche nell’opposizione, almeno per quanto ci riguarda, apertura e disponibilità al confronto — Governo e maggioranza si trincerano dietro la tesi secondo cui in tempi di crisi non si potrebbero fare le riforme.
La realtà è che nella speranza di non scontentare nessuno, il Governo sembra puntare gran parte delle sue fiches sulla forza di persuasione del sistema radiotelevisivo, a partire dal servizio pubblico. Un gigantesco apparato pubblicitario e autopromozionale chiamato a sopire e troncare, a parlare d’altro, distribuendo ottimismo a piene mani. I fatti non contano e quindi non si fanno. Meglio occuparsi della loro comunicazione, magari invocando un complotto internazionale alle spalle del premier.
Anche per questo appare sorprendente ed autolesionistica sul piano politico e grave sul pia¬no istituzionale la mossa di Di Pietro di acquistare una pagina pubblicitaria di un quotidiano statunitense, l’Herald Tribune, per fare appello alla comunità internazionale al fine di «esercitare pressione» sulla Corte Costituzionale che dovrà pronunciarsi sul lodo Alfano e sul nostro Paese per ripristinare i principi di libertà democratica».
Non si può tirare la giacca della Corte Costituzionale e invocarne l’imparzialità a giorni alterni, come sta facendo invece Di Pietro che prima sale in cattedra per biasimare la cena — effettivamente inopportuna — tra due giudici costituzionali ed il premier e poi invoca esplicitamente «pressioni» sulla stessa Consulta addirittura dall’estero. Non esistono pressioni più legittime di altre, come ha giustamente sottolineato ieri sul «Corriere» Piero Ostellino. Semplice – mente tutte le forze politiche dovrebbero astenersi dall’esercitarle, e attendere serenamente il pronunciamento sul Lodo accogliendo il monito del Capo dello Stato dei giorni scorsi, che non è possibile interferire nella sfera di insindacabile autonomia della Corte.
Di Pietro poi dovrebbe tenere conto di una questione di sostanza e non di metodo. L’Italia e gli italiani vengono prima delle nostre beghe politiche. Infangare l’immagine del Paese comprando pagine pubblicitarie sui giornali stranieri nuoce a tutti, maggioranza e opposizione. Ed offre il destro alla tesi berlusconiana del complotto delle opposizioni contro il premier, proprio mentre tutti hanno compreso che il problema a lui, con le sue vicende personali su cui peraltro noi non abbiamo speculato una sola volta. Ancora più grave è che Di Pietro lo faccia approfittando dei riflettori del mondo puntati su di noi in occasione del G8. Ergersi tra le macerie del terremoto per cercare un po’ di visibilità facendo macerie tra le istituzioni è una scelta cinica e miope. Anche perché i governi passano. Il Paese invece deve restare e viene prima di tutto: un’opposizione che non comprenda questo è destinata non solo al fallimento, ma anche e soprattutto ad essere parte dell’ “anomalia italiana” che va cancellata.

Pier Ferdinando Casini

22 Commenti
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Stefano Barbero
Stefano Barbero
15 anni fa

L’opposizione targata Di Pietro si distingue ancora oggi per la sua carica ideologica e di contrapposizione. Non giova all’Italia l’opera di un leader che gioca sempre e in ogni occasione allo sfascismo per criticare l’azione di un governo. La linea politica che spinge Di Pietro e il suo partito personale è solo dettata dall’odio verso berlusconi, dall’antiberlusconismo fine a se stesso che fa il gioco del Cavaliere, rafforzandolo nelle sue mire “autoritarie”. E oltretutto non giova all’opposizione stessa, perchè la prima vittima della politica dipietrista è nientemeno che il PD di Franceschini, cui l’ex-pm erode consensi nelle sue sacche più giustizialiste e radicali.
Seria e ragionata è l’opposizione dell’UDC, l’opposizione fatta DAL CENTRO senza schemi ideologici e pregiudiziali di sorta. Questo e il modo di fare opposizione responsabile, che non può che fare bene all’Italia.
Solo facendo capire che noi siamo la differenza, e che noi siamo la forza del buonsenso e della moderazione, riusciremo a mostrare a tutti gli italiani le magagne del Cavaliere, i suoi errori, le sue contraddizioni. Incalzando la politica del governo NEL MERITO delle questioni, non buttando tutto in caciara (come sembrano fare destra e sinistra).
Altrimenti, si finisce solo col fornire gratuitamente l’elisir di lunga vita Berlusconi e a tutti i suoi scudieri.
Stefano, volontario.

Livio Napoleone
Livio Napoleone
15 anni fa

E’ oramai risaputo che l’ IDV fa un’ opposizione sfascista, robespierrista ed estremista, al contrario dell’ Udc, che è l’ unica forza d’ opposizione seria al personalismo e all’ autoreferenzialità di questo governo che trova nella contrapposizione a Di Pietro l’ unica ragion d’ essere. Il Pd per vari motivi non è credibile.Il primo è quello di scimmiottare Di Pietro nelle sue performance (piene di gaffe e strafalcioni).Il secondo, e questo è un vero paradosso, nel non esser stato capace, quando molti tra i suoi esponenti sono stati al governo in passato,di approvare una seria ed equilibrata legge sul conflitto d’ interessi. Parlare degli altri difetti e contraddizioni del Pd, sarebbe in questa sede superfluo,come lo sarebbe rispolverare le contraddizioni del PDL e l’ iirresponsabilità di un partito come l’ IDV, che per continuare a raccattare voti a destra e a manca, in un’elettorato esausto di questa classe dirigente, non esita a infangare l’ immagine del Paese.

vito rizzo
vito rizzo
15 anni fa

l’Italia e gli Italiani prima di tutto…una frase che raccoglie il senso del fare politica

Ahmed Aly
Ahmed Aly
15 anni fa

Sono d’accordo con Casini sul fatto che bisogna tornare a parlare dei problemi interni del nostro paese che soffre e che sta soffrendo dalla crisi e la disoccupazione, e per il fatto anche che Di Pietro infanga l’Italia all’estero dicendo che l’Italia è un paese a rischio di dittatura e che il sistema giudiziario è praticamente bloccato da una miriade di leggi ad personam che Silvio Berlusconi si è fatto fare appositamente per non farsi processare nè fare processare i suoi amici, ha parlato anche sulla attuale legge elettorale ecc…., ma sono d’accordo anche con il presidente Casini sul fatto che l’Italia rimane ma il governo si cambia, quindi non c’era il bisogno di infangare così l’Italia sui giornali d’America.

Fernando miele
15 anni fa

Credo che se ci occupiamo troppo degli altri che fanno opposizione anche con errori, non avremo tempo sufficiente per vedere i nostri errori , e quelle belle cose che continuiamo a dire : L’Italia e Italiani ci sfugge di mano rimanendo anche noi succupi di sistemi condizionati.
Fernando Miele

Ahmed Aly
Ahmed Aly
15 anni fa

Nella società italiana c’è un dato oggettivo che si può sintetizzare in due elementi. 1) Che Berlusconi dà voce a una società civile profondamente scontenta, al limite della sopportazione, carica di conflitti, moralmente sfacciata, che non si fida più della sinistra. 2) Alle spalle del Cavaliere c’è un ceto politico emergente (una nuova classe politica) che sta giocando interamente la sua partita. Fa quadrato attorno a lui, razionalizzando le sue esternazioni emotive e cercando di orientarlo secondo i propri interessi. La Lega di Bossi in particolare sta stringendo un’alleanza politica strategica che porterà lontano. A tutti promette un indistinto miglioramento generale purché lo si lasci agire contro l’ordine istituzionale esistente che frena ogni innovazione e contro la sinistra che «lo odia». Il berlusconismo ha reinventato tutta la potenza politica della contrapposizione amico/nemico. E in questo modo trova consenso.

Niki Bufo
15 anni fa

Non riesco a comprendere il motivo per cui Di Pietro continui a crescere in termini percentuali. La sua strategia è sempre la stessa: spietato antiberlusconismo. Forse per questo riesce a catturare l’attenzione di chi non si ritrova più in un centro sinistra che non sa fare seriamente l’opposizione. Ma è altrettanto vero che un linea del genere è superficiale, vuota, ingiustificata.

Ahmed Aly
Ahmed Aly
15 anni fa

Di Pietro. Chi è costui? Mi capita spesso sentire a delle persone del centro destra che parlano o meglio non vogliono parlare dell’On. Antonio Di Pietro. Parlano di questa persona che, piaccia o non piaccia, rappresenta un partito che ha un peso dell’8 %, come di uno che meglio fosse se sparisse dalla faccia della Terra.
Di Pietro, chi è costui? Un pregiudicato, un anarchico, un sovversivo, un poco di buono, un indagato oppure un prescritto, un menestrello o un puttaniere?
In questa strana Italia, spesso parlano proprio coloro che farebbero bene a stare zitti o coloro che dovrebbero vergognarsi veramente di essere iscritti o, ancora meglio, rappresentare o sedere in Parlamento con pregiudicati, prescritti e indagati per reati di vario genere. Ma questa gente quando si sveglia?
Devo desumere che se non si muovono stanno bene. La paga è buona e i privilegi tanti, che costa d’altra parte parlare bene del loro premier e cercare di screditare le persone per bene? Poiché non capisco ma mi adeguo, mi piacerebbe che qualcuno di quello schieramento politico mi spiegasse le ragioni o il loro convingimento; potrebbe riuscire a me a coloro che la pensano come me a farci ragionare diversamente.

Edoardo Marangoni
Edoardo Marangoni
15 anni fa

E’ quando leggo e ascolto (video) dichiarazioni di questo tipo che sento in me rafforzata la convinzione di aver trovato nell’Unione di Centro la mia ‘casa’.
Quello che contraddistingue sempre Casini, i nostri rappresentanti, l’Unione di Centro in generale, è e sempre deve essere la moderazione.
E moderazione non è una bella parola con cui riempirsi la bocca. No. Moderazione vuol dire riuscire a trovare, in ogni circostanza, il giusto punto di equilibrio nella manifestazione del proprio pensiero tra l’impulso istintivo di affermarsi con eccessiva forza e il timido timore di poter offendere qualcuno.
Le dichiarazione di chi vuole essere moderato devono aspirare ad essere tali: decise, chiare e rispettose di tutti. Avere il coraggio e la determinazione ad esprimere la propria idea, senza mai esagerare, senza mai pretendere di convincere tutti, ancor peggio, urlando o alzando i toni.

Premesso ciò, in pochi potrebbero dire che la situazione italiana è una situazione “normale”. Chi lo dice lo fa o perchè ha gli occhi foderati di prosciutto, o … – a pensar male si fa peccato, ma spesso… – … o perchè vorrebbe che ad avere gli occhi foderati di prosciutto fossero gli italiani.
In Italia abbiamo una democrazia che vorrebbe essere forzatamente trasformata per convenienza trasversale in un bipolarismo ripetutamente bocciato dagli elettori. Bipolarismo, tra l’altro, sbilanciato verso chi ha il controllo – più o meno diretto, conta poco – di mass media di significativa importanza.
Urlare però al mondo la propria disperazione, il proprio terrore, perchè questo falso bipolarismo forzato squilibrato potrebbe da un momento all’altro trasformarsi in dittatura mi pare giusto un pochetto esagerato.
Come sempre “est modus in rebus”. E’ vero, lo ripeto, i partecipanti alla gara non dispongono dello stesso equipaggiamento. Questo è evidente a tutti.
Quando però si fa appello alle forze politiche estere, beh, forse, implicitamente, si fa un atto di ammissione di propria debolezza, di propria incapacità ad affrontare e a contrastare il problema. Più che un gesto di forza (sebbene sia stato un gesto forte), mi è sembrato un atto di debolezza.
Non è questa la pubblicità di cui ha bisogno il nostro Paese. C’è un Governo, un Presidente del Consiglio, una Maggioranza forte. Non solo nei numeri, ma anche nei toni, nei modi di fare. E’ innegabile. L’Opposizione avrà quindi un obbligo, un dovere ad essere lei stessa per prima forte e risoluta. Non è però facendo “muro contro muro” che si ottengono i risultati. E il breve percorso politico dall’inizio della XVI Legislatura lo ha dimostrato. Non è l’atteggiameto “barricadero” che paga, ma quello di un’Opposizione seria, repubblica. Il Modus agendi dell’Opposizione deve essere obiettivo e costruttivo. Il fine ultimo dell’Opposizione come della Maggioranza deve essere il bene comune, il buon governo del Paese.
Se, invece, si scende nell’agone politico solo per urlare ai quattro venti la propria posizione, senza poi preoccuparsi di ottenere il benchè minimo risultato, ma avendo come unica intenzione l’alzare un gran polverone sulla faccenda del giorno… beh, sono indeciso se preferire quest’ultimo atteggiamento a quello della Maggioranza che va avanti senza paraocchi. Hanno un destino simile: incidere senza preoccuparsi nè accorgersi di tutto ciò che accade attorno a loro, magari perfino dimenticandosi che c’è anche qualcosa al di fuori e diverso da loro. Entrambi hanno come unico e vitale scopo l’affermazione esclusiva del proprio pensiero. Non è così che si può pensare di convivere in una comunità che aspira a definirsi democratica.
Ecco perchè, oggi ancora, sento che io ho un’idea diversa della politica.

giovanni pelliccia
giovanni pelliccia
15 anni fa

Io credo che l’IDV vende senso istituzionale come un mercante vende le noccioline allo zoo… Concordo pienamente sulla tesi del Presidente Casini sulla tesi della paradossalità di quel partito e su un’anomalia tutta italiana che sta, davvero, danneggiando la politica e con essa il senso stesso di utilizzare le istituzioni a proprio comodo.
Il problema di Di Pietro è una politica che io definisco a MONGOLFIERA: si sgonfierà non appena la sinistra troverà una sua unità e non appena nel PD arriverà la quiete dopo la tempesta. Il problema non è nella sua comunicazione, credo poco elegante e molto spartana, ma nel fatto che situazioni esterne ad esso portano gas nella stessa mongolfiera. Non credo alla politica della fisarmonica, noi, confermiamo i risultati con i “nostri” voti, di gente che è convinta di votare il nostro partito e che non è decisa ad abbandonarlo, perchè il nostro non è un voto di protesta.
Lo si vede dallo stile con cui trattiamo gli argomenti e da come “oggettivamente dialoghiamo” sulle questioni che riguardano il nostro paese.
E’ ora, ha ragione, Presidente, di punire la politica dei mercanti in fiera e di far capire a questo governo e a tutti gli italiani che lo stile di fare politica, non si acquista urlando e nemmeno cantando con apicella… la politica è un’altra cosa, tiriamo le somme e guardiamo avanti con spirito di sacrificio cristiano, perchè chi non riesce a camminare nella notte e fermarsi alla prima luce di una taverna, non ha occhi per guardare e andare verso l’alba di un nuovo giorno.

giovanni pelliccia
giovanni pelliccia
15 anni fa

scusate le ripetizioni…

derekpm
15 anni fa

Rather interesting. Has few times re-read for this purpose to remember. Thanks for interesting article. Waiting for trackback

Ahmed Aly
Ahmed Aly
15 anni fa

Forse Beppe Grillo e gli arrivati dell’ultima ora non hanno capito che tenere insieme un partito, con le sue sedi e le sue strutture, non è semplice come tenere un comizio che infiammi le piazze. Ognuno ha il suo ruolo nella vita e ciascuno riesce bene a fare delle cose e non altre, non siamo in grado di fare tutto: chi parla bene e sa coinvolgere i cittadini sarebbe meglio si occupasse di questo, non di arrampicarsi in imprese che poi non saprebbe gestire.
Non serve un leader come Beppe Grillo al Partito Democratico (dico “leader” e non “Segretario” perché Grillo Segretario di partito proprio non ce lo vedo) e, probabilmente, non serve neanche all’Italia. Esistono altri modi di contribuire al cambiamento e alla costruzione del Partito Democratico che non quello di candadirsi alla leadership!Questa pretesa di avere il comando della nave è assurda: come se tutti quelli che hanno una buona idea si candidassero al ruolo del capo!.

Fabio Accardi
Fabio Accardi
15 anni fa

Vi consiglio di leggere questo articolo publicato sulla Stampa il 12 c.m. a firma di Barbara Spinelli “- Chi rompe la tregua paga –
La tregua che è stata invocata nei giorni scorsi, per proteggere da aggressioni l’immagine dell’Italia durante il G8, introduce nella politica democratica un’esigenza di immobile quiete su cui vale la pena riflettere. Presa in prestito dal vocabolario guerresco, tregua significa sospensione delle operazioni belliche, concordata di volta in volta per stanchezza, timore del pericolo, subitanee emergenze. Fino alla rivoluzione francese, scrive Clausewitz, le guerre erano fatte soprattutto di pause: l’ozio assorbiva i nove decimi del tempo trascorso in armi.

Era «come se i lottatori stessero allacciati per ore senza fare alcun movimento». Le battaglie smettono quest’usanza quando si fa più possente il pensiero dello scopo per il quale si guerreggia, giacché solo tale pensiero può vincere la «pesantezza morale» del combattente. Ma la tregua non è solo «pesantezza, irresolutezza propria all’uomo». L’etimologia dice qualcos’altro: perché ci sia tregua efficace occorre che i lottatori siano leali, che la sospensione sia un patto, che non sia unilaterale. L’etimologia, germanica, rimanda all’inglese true-vero, e al tedesco treu-leale, fiducioso.

Verità, fiducia, lealtà, patto: sono gli ingredienti essenziali della tregua, specie quando dal teatro di guerra ci si sposta a quello di pace, e quando il concetto si applica alla selezione dei governanti migliori che avviene in democrazia. Un prorompente atto terrorista, una calamità naturale, possono comportare la sospensione della conflittualità propria alle democrazie.

Non per questo vengono sospese la ricerca di verità, la pubblicità data all’azione dei politici, il contrasto fra partiti, l’informazione indipendente. Altrimenti la tregua politica altro non è che continuazione della guerra con altri mezzi, e per essa vale quel che Samuel Johnson usava dire dei conflitti armati, nel 1758: «Fra le calamità della guerra andrebbe annoverata la diminuzione dell’amore della verità, ottenuta tramite le falsità che l’interesse detta e che la credulità incoraggia». Se sostituiamo la parola tregua a guerra, vediamo che i rischi sono gli stessi.

Quando ha chiesto una tregua, il 29 giugno, il presidente Napolitano non pensava certo a questo sacrificio della verità. Ma il rischio è grande che i governanti l’intendano in tal modo: usando il Colle, rompendo unilateralmente la tregua come ha subito fatto Berlusconi aggredendo oppositori e giornali. Il conflitto maggioranza-opposizione, le inchieste giornalistiche o della magistratura sul capo del governo, sono automaticamente bollate come poco patriottiche, fedifraghe, addirittura eversive. Questo in nome di uno stato di emergenza trasformato in condizione cronica anziché occasionale, necessitante la sospensione di quel che dalla Grecia antica distingue la democrazia: la parresia, il libero esprimersi, la contestazione del potere e dell’opinione dominante, il domandare dialogico.

Significativa è l’allergia del potente alle domande, non solo quelle di Repubblica ma ogni sorta di quesiti: netto è stato il rifiuto di Berlusconi di permettere domande ai giornalisti, il primo giorno del G8. Sulla scia dell’11 settembre 2001 Bush reclamò simile tregua, che non migliorò la reputazione dell’America ma la devastò. Washington si gettò in una guerra sbagliata, in Iraq, senza che opinione pubblica e giornali muovessero un dito. La recente storia Usa dimostra che la democrazia guadagna ben poco dalle tregue politiche, quando i governi possono tutto e l’equilibrio dei poteri è violato. Il vantaggio delle tregue è la coesione nazionale: falsa tuttavia, se passiva. Lo svantaggio è la libertà immolata. Tanto più grave lo svantaggio, se l’emergenza è un mero vertice internazionale.

Ripensare la tregua e le sue condizioni può servire, perché la tendenza è forte, in chi governa, a prolungare emergenze e sospensioni della parresia, rendendole permanenti. Purtroppo la tendenza finisce con l’estendersi all’opposizione, alla stampa, e anche qui vale la descrizione di Clausewitz sul cessate il fuoco: che spesso interviene non perché la tregua sia necessaria, ma perché nell’uomo che rinvia decisioni c’è pavidità. Perché dilaga «l’imperfezione delle conoscenze, delle facoltà di giudizio». Perché, soprattutto, opposizione e giornali non hanno un «chiaro pensiero dello scopo» per cui si oppongono, analizzano, interrogano. Sono le occasioni in cui la tregua non è un patto di verità ma una variante dell’illusionismo e della menzogna.

Ma c’è una condizione supplementare, affinché la tregua si fondi su verità e fiducia. La condizione è che la memoria resti viva, e non solo il ricordo del passato ma la memoria del presente, meno facile di quel che sembri perché essa presuppone un legame tra i frammenti dell’oggi e aborre la fissazione su uno solo di essi: l’ultimo della serie. È la memoria di cui parla Primo Levi, quando descrive la tregua nei campi. Nel Lager, simbolo della condizione umana, esistono remissioni, «tregue». Ma esse sono chimere se non s’accompagnano alla memoria di quel che ineluttabilmente avverrà al risveglio, quando risuonerà il «comando dell’alba»: l’urlo in polacco – wstawac – che intima di alzarsi.

Meditare attorno all’idea di tregua è fecondo perché aiuta a capire come deve organizzarsi, in Italia e altrove, la parresia greca che i latini traducevano con libertas. Parresia è letteralmente parlare con libertà: un compito che politici e stampa condividono col medico, che non deve dire tutto alla rinfusa ma andare all’essenza e fare sintesi. Galeno, medico del primo secolo dopo Cristo, scriveva che «non si può guarire senza sapere di cosa si deve guarire»: il malato ha diritto alla verità, detta «senza ostilità ma senza indulgenza». La tregua anche in Italia ha senso se non si sacrifica il vero. Se non è solo la stampa estera a indagare sulla nostra singolare apatia etica.

Il mondo dell’informazione non è estraneo a tale apatia, incomprensibile all’opinione straniera e da essa biasimata. Il difetto, il più delle volte, è lo sguardo corto: uno sguardo che non collega i fatti, che sempre si fissa sull’ultimissimo evento, che non scava con la memoria né nel passato né nel presente. L’influenza della mafia sulla politica, i cedimenti di quest’ultima, il conflitto d’interesse che consente al privato di manomettere il pubblico, l’impunità reclamata dai massimi capi politici, infine la lunga storia italiana di stragi e corruzioni su cui mai c’è stata chiarezza: c’è un nesso fra queste cose, ma l’ultimo scandalo da noi scaccia il precedente e ogni evento (buono o cattivo) cancella il resto.

Lo scandalo delle ragazze a Palazzo Grazioli cancella la corruzione di Mills, le minorenni di Berlusconi obnubilano la mafia, le dieci domande di Repubblica cancellano innumerevoli altri quesiti. Anche l’opposizione si nutre di amnesia: i successi di Prodi (aiuti allo sviluppo, clima, liberalizzazioni, infrastrutture, accordo vantaggioso per Alitalia) sprofondano nell’oblio, se ne ha vergogna. Non stupisce che perfino fatti secondari siano mal raccontati, come fossero schegge insensate: ad esempio l’assenza dal programma G8 di Carla Sarkozy, giunta all’Aquila il giorno dopo il vertice. I giornali arzigogolano su una persona che ha voluto far l’originale, differenziarsi. Nessuno rammenta l’appello di 13.000 donne italiane – presumibilmente ascoltato da Carla – perché le first ladies non venissero al G8.

L’Italia come tutti i paesi è una tela, non un’accozzaglia caotica di episodi. Se non ricordiamo questo quadro non solo le tregue saranno basate su contro-verità. Si faticherà anche a ricominciare i normali conflitti e il parlare franco, finita la tregua. Sotto gli occhi della stampa mondiale appariremo come i lottatori di Clausewitz: allacciati ininterrottamente l’uno all’altro, senza fare alcun movimento.”

Ahmed Aly
Ahmed Aly
15 anni fa

La sensazione è che la democrazia sia ormai una tecnica che gira a vuoto, celebrando un unico valore davvero riconoscibile, cioè sé stessa. Non so se sia una mia perversione, o un sentire comune a molti. Ma certo si ha così spesso il dubbio che perfino i principi di libertà, uguaglianza, solidarietà che fondarono l’idea della democrazia siano per così dire scivolati sullo sfondo, e che l’unico valore effettivo della democrazia sia la democrazia.
Quando si limitano le libertà individuali in nome della sicurezza. Quando si ammorbidiscono i principi morali per esportare, con la guerra, la democrazia. Quando si accorpa la complessità del sentire politico nella opposizione di due poli che, in realtà, si contendono un pugno di indecisi collocati in mezzo. Non è il trionfo della tecnica sui principi? E non assomiglia sorprendentemente allo stesso possibile delirio barbaro, che rischia di santificare una semplice tecnica, rendendola una divinità?

Marta Romano
Marta Romano
15 anni fa

L’opposizione fatta da Di Pietro è fatta di critiche a Berlusconi, purtroppo mai costruttive. Purtroppo questa linea fa presa su molti, che si lasciano influenzare dalla sua tecnica, dall’antiberluconismo, appunto. Questo però non solo non è produttivo, anzi, rischia di rovinare l’Italia intera, come ha dimostrato l’ultima “trovata” del signor Di Pietro! L’idea della pagina del giornale è davvero penosa, il leader dell’IDV ha dimostrato, ancora una volta, di non rispettare le istituzioni che tanto difende, come ha sottolineato Lei,Presidente, nella sua lettera. La nostra opposizione, invece, è diversa: noi critichiamo le scelte di Governo basandoci sui fatti, e non ci fermiamo alla critica, bensì avanziamo proposte.
Ma non disperiamo..Penso che prima o poi il modello di politica Di Pietro si infrangerà, speriamo presto, speriamo prima che rovini l’Italia!
Marta

Ahmed Aly
Ahmed Aly
15 anni fa

L’Italia che ci aspetta una grande politica: Sto qui….lascio scorrere i giorni…ho spento il cuore, la mente e le volte in cui sento che vogliono accendersi e sfogare la delusione, la mancanza, la nostalgia di una vera politica, spingo più forte il bottone off…non voglio sentirlo! Le giornate vanno avanti, le mattine, le sere… come fossi anestetizzata, come se mi guardassi da fuori…Aspetto…chissà cosa poi?…le attese vengono puntualmente deluse..il cuore riprende a battere all’impazzata per qualche tempo, mi sento rinascere e poi tutto finisce…di nuovo…Mi guardo intorno..lo so che non sono l’unico a vivere tutto questo trambusto…lo condivido con amici che possono capire perchè lo vivono anche loro.
Eppure non basta, non consola, non lenisce, non calma il desiderio di avere la voglia tutt’ora di una grande POLITICA.

Ahmed Aly
Ahmed Aly
15 anni fa

Nel 1500 il termine politica viene rivisto da Machiavelli che con il suo trattato Il principe, la analizza e ne identifica una nuova definizione distinguendo da un’etica civile, un’etica diversa, concependo quindi un’etica dello stato come attore superiore all’uomo. Crea quindi il termine “Ragion di stato” che manterr… Visualizza altroà sempre ben separato dal termine politica la cui accezione per Machiavelli rimarrà in assoluto positiva, (la frase “il fine giustifica i mezzi” è stata attribuita falsamente al MachiaveMachiavelli intendeva dare alla politica un’autonomia che il Clero dell’epoca non era disposto a concedere. Verrà censurato dai suoi contemporanei e criticato in tutta Europa per le sue dichiarazioni. Dove l’etica civile, diversa nella nostra società? persino coloro che si spacciano amici non hanno spesso una etica…un giorno ti fanno credere di essere leali e poi il giorno dopo scopri che sono solo opportunisti. Dovrei arrabbiarmi con coloro…no…l’opportunismo e la vigliacchierai umana è una degradante umiliazione di questa società!

Niccolò Susini
Niccolò Susini
15 anni fa

Di Pietro e il suo partito fanno parte dell’opposizione ma rappresentano quell’anomalia italiana che va cancellata, come cita il nostro Presidente Casini nella lettera scritta al Corriere della Sera. L’ultima mossa di “Tonino nazionale” è stata ingiustificabile. Far appello alla comunità internazionale, comprando pagine pubblicitarie su quotidiani stranieri per avere un pò di visibilità è veramente squallido. Ha infangato e mortificato l’Italia perseverando su questa linea antiberlusconiana che è tutt’altro che produttiva anzi offre il coltello dalla parte del manico al premier. Il nostro Paese ha bisogno di riforme soprattutto adesso che siamo in tempo di crisi economica. Dobbiamo prendere atto che il Pdl ha una forte maggioranza attualmente perciò dovremo essere in grado noi dell’Unione di Centro di fare un opposizione costruttiva, collaborante, obiettivo necessario per il bene comune. Tutto ciò è alla base di una democrazia seria. Sono sicuro che con spirito di sacrificio e buona volontà riusciremo in futuro ad arrivare a questo modello di politica.

renato
renato
15 anni fa

Rispondo ad Aly. Ogni cambiamento va accompagnato da unaleadership forte, in grado di coagulare intorno a sè un gruppo dirigente coerente, determinato. Non è vero che candidarsi leader sia sbagliato, o sia un atto di arroganza. Un leader forte, che non venga impallinato dai veti incrociati e indebolito continuamente dalle congiure interne, è proprio ciò che manca al PD ad esempio. Un partito che intenda governare deve avere un programma forte incarnato da un leader autorevole, riconosciuto, riconoscibile,caparbio, costante. Piaccia o no, la leadership forte – ad esempio – è ciò che il PDL è riuscito ad avere in tutti questi anni. A me sta bene l’UDC, ma ben venga un Grillo a scompaginare i giochi e l’ingessatura del PD: fino ad oggi lì dentro tanti vuoti insieme non hanno riempito nulla, questa è la verità. Il PD è finora l’unone di deverse debolezze, l’accrocchio di vecchi dirigenti che non mollano, ma che al tempo stesso non vanno da nessuna parte.

Massimo Massini
Massimo Massini
15 anni fa

Si, sn d’accordo con Casini. Inoltre credo ke l’UDC, ora come ora sia l’unico Partito di Sinistra (inteso come interesse x il Popolo, nn come posizione Politica: “Siamo un Partito d Centro ke Guarda a Sx”-). E credo ke e’ l’unico Partito ke, a differenza del IDV e del PD, protesta e propone. L’IDV, ormai è diventato solo antiberlusconista. Nn dico ke di Pietro nn ha ragione in molti casi. Ma ormai è diventata quasi una battaglia xsonale tra Lui e il Premier, (e io fino circa 6 mesi fa ero un convinto Di Pietrista)mentre ripeto, l’Opposizione dell’UDC è quella vera, x il Popolo, non solo proteste ma anke proposte. Massimo Massini

renato
renato
15 anni fa

Avete visto il TG1 e TG5 delle 20,00 il 14 luglio ? Sul muro a Grillo dedicati circa 20 secondi. Se questo è pluralismo dell’informazione ! Sempre più l’ Italia sembra una repubblica fondata sulla censura.
Tutti hanno paura di Grillo



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