Parmalat: il latte è scaduto
Sembra che sia giunta al termine la battaglia per il controllo di Parmalat, infatti Lactalis sale al 29% in Parmalat grazie ad un accordo con i tre fondi esteri (i quali fino a due giorni prima avevano pubblicamente dichiarato di preferire una soluzione “italiana”) che detengono il 15% del gruppo lattiero italiano. In un comunicato Lactalis rende noto di aver raggiunto un accordo con i fondi Zenit, Skagen e Mackenzie Financial per l’acquisto di tutte le azioni Parmalat da essi detenute che rappresentano il 15,3% del capitale al prezzo di 2,80 euro per azione.
Questa notizia è il suggello della incapacità di questo governo di determinare una politica economica che sviluppi l’economia e le imprese italiane.
Cosa ha fatto il governo italiano in questa vicenda? A mio avviso solo danni.
E’ un giudizio duro, senza alcun dubbio, ma fin dall’inizio e molto prima di altri, avevamo fatto rilevare l’incapacità del governo a gestire questa vicenda in particolare e la mancanza di una politica economica organica.
Il governo prima è intervenuto bloccando i 3 fondi esteri, che chiedevano di sostituire i vertici dell’azienda per fare acquisizioni o distribuire l’enorme liquidità di Parmalat (ottenuta tramite le varie azioni legali contro le banche). Poi, quando lo scontro è entrato nel vivo, si è defilato.
Infine, quando i francesi di Lactalis sono scesi in campo, in fretta e furia il Governo ha pensato di entrare in campo. Come? Con i soliti spot elettorali e con norme ad hoc (parafrasando le vicende dei provvedimenti in campo della giustizia, potremmo dire con “norme ad aziendam”) per evitare che i francesi potessero scalare la società.
Ovviamente i Francesi non sono rimasti a guardare e mentre si discuteva per una cordata italiana, per un campione nazionale, per una norma e così via, hanno fatto la cosa più semplice: hanno ragigunto un accordo con i fondi, per raggiungere una quota di controllo sufficientemente ampia da metterli al riparo da altre cordate. Per altro, questa quota è al 29%, sotto la soglia di OPA obbligatoria. Quale è il possibile scenario?
A mio avviso, la partita si è chiusa, a meno che non si formi davvero una cordata italiana che voglia lanciare una OPA per acquistare Parmalat. Ma è credibile che si materializzino in meno di un mese questi imprenditori italiani per lanciare una OPA che verrebbe a costare circa 3 miliardi di euro?
L’unico big italiano capace di attuare una cosa simile è Ferrero, ma su questa ipotesi gli analisti sono dubbiosi: le due aziende operano in rami differenti e le uniche sinergie sarebbero nella distribuzione dei prodotti e merende da frigo; un po’ poco per giustificare una acquisizione che si preannuncia difficile e particolarmente onerosa.
In tutto questo, chi fa le spese è il piccolo risparmiatore, ma soprattutto l’economia italiana che ha dimostrato ancora una volta di essere ormai terra di conquista (salvo poche eccezioni come Fiat, Unicredit e Finmeccanica) e che paga il dazio della mancanza di una politica economica.
Ed è questo il punto: un governo degno di tale nome non dovrebbe solo limitarsi a fare la stretta contabilità come Tremonti, né dovrebbe limitarsi a fare una norma ad hoc di volta in volta. Un governo serio dovrebbe lanciarsi nell’ideare e garantire una politica economica che si fonda su investimenti produttivi, norme certe per incoraggiare gli investimenti italiani ed esteri e che sia da supporto per le aziende italiane: purtroppo basta andare all’estero per rendersi conto che i proclami restano appunto tali. Si parla di lanciare il turismo italiano, ma poi si nota che l’Italia è assente dalle grandi fiere del turismo, e non stringe accordi con le Camere di commercio estere.
A questo punto, mi chiedo se, l’unico posto dove trovare il governo e interloquire con lui, non siano i festini di Arcore.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati