Pubblichiamo da “La Stampa”
Attenti ad attaccare Fini, in politica il ricatto non paga
di Antonella Rampino
Pier Ferdinando Casini non sta sulla riva del fiume. Il suo studio è un’altana sospesa su Montecitorio tra due spettacolari vetrate, il Quirinale alle spalle e San Pietro davanti. Sulla scrivania, l’ultima limatura a un’interrogazione parlamentare. E’ su Khodorkosky, il magnate russo nemico di Putin da anni in catene in Siberia. «I rapporti che intratteniamo con la Russia e con Gheddafi ci allontanano dagli Usa». Ed è solo un assaggio.
Presidente, Fini torna a chiedere a Berlusconi collegialità decisionale, quella che ai suoi tempi si chiamava la “cabina di regia”. Lei che li conosce bene, ci dica: come finirà?
«E’ tutto un déjà vu. Rispetto il partito di maggioranza relativa, ma il Pdl nasce con un peccato originale: su un predellino, con Berlusconi che intima o con me, o fuori. A Berlusconi si può imputare tutto, ma non di non essere chiaro. Il Pdl è lui».
Fine corsa per Fini?
«Io apprezzo lo sforzo di Fini. Il suo tentativo è generoso, ma rispetto a qualche anno fa la situazione è peggiorata. Al miei tempi c’era una vaga idea di collegialità. Oggi il rapporto è tra Berlusconi e Bossi, e basta. Per giunta, più Berlusconi è debole, più Bossi è forte. Detto questo, non penso affatto che Fini sia a fine corsa».
Bossi minaccia le elezioni anticipate: è realistico?
«Le agita un giorno sì e un giorno no per ricattare con maggior efficacia la politica italiana, ma per spuntare quell’arma è bastato che io dicessi “magari!”, e facessi notare che si sarebbe formato in dieci minuti un nuovo governo. Questo dimostra che ai ricatti di Bossi si può e si deve rispondere con la schiena dritta, sennò alzerà sempre la posta. A meno che la schiena non la si voglia piegare per scelta, come fa Berlusconi, che si sente protetto dalla Lega perfino emotivamente».
Critica durissima. Eppure voi dell’Udc, onorevole Casini, lucrate rendite di posizione.II governo e la maggioranza si sfilacciano, tengono l`Italia in fibrillazione. Intanto voi crescete, state nel Ppe con Berlusconi, e regione per regione vi alleerete col Pdl per le prossime elezioni.
«Senta, io sto alla politica. Siamo gli unici ad essere stati ieri all’opposizione di Prodi e oggi di Berlusconi. Altro che partito di potere… Regione per regione ci alleiamo laddove i programmi dei governatori, e le personalità presentate, hanno un profilo che ci permetta di fare la nostra politica. Col Pdl come con il Pd. Non chiediamo e non abbiamo mai chiesto posti. E’ nella politica nazionale che le distanze si sono allargate, come dimostra la stessa vicenda Fini-Berlusconi.
Quanto alla cosiddetta rendita di posizione, deriva dalla cattiva politica degli altri: non sarà mica colpa nostra… In realtà la spinta propulsiva di questa maggioranza si è già arenata dopo un anno appena di legislatura: argomenti, polemiche, elezioni evocate sono cose che capitano alla fine, non all’inizio. Comunque, noi non abbiamo fretta, siamo allenati alla lunga distanza. Chi cerca scorciatoie non lavora per un’alternativa che ha invece bisogno di maturare.
Anche attraverso l’analisi delle cose non fatte ma proclamate dal governo.
Prenda le case di Onna. Tutti contenti che la Croce Rossa e il Trentino le abbiano costruite, ma il resto?».
Il resto?
«Il catalogo sarebbe lungo… Prenda l’Alitalia: Berlusconi dice che è una mistificazione sostenere che non funziona, ma gli italiani lo sanno, lo vedono tutti i giorni che non è così. E alla fine si accorgeranno che sono stati sprecati 3-4 miliardi».
Non le secca che per implementare il Grande Centro si debba uccidere una delle poche conquiste di sistema, il bipolarismo?
«Certo, non è che la cosa mi inorgoglisca. Ma il bipolarismo si sta liquidando da solo perché, lontano dall’essere plasmato sul modello francese o tedesco, si ritrova incardinato su Bossi da una parte e su Di Pietro dall’altra. Il Centro si inserisce inevitabilmente, per creare una nuova politica per le prossime elezioni».
Fini e Rutelli sono venuti al suo congresso, ma la cosa è finita lì.
«Io rispetto sia Fini che Rutelli. Non tiro per i capelli nessuno. Bisogna finirla. Guardi Luca di Montezemolo: è un amico carissimo, è una persona che stimo e ha responsabilità, ma non la vocazione e la voglia di fare politica. Non si tirano le persone per i capelli, ma gli spazi in politica si occupano. E’ quel che ha fatto anche Berlusconi, quando è finita la Dc. Il senso di responsabilità, la moderazione, il rifiuto del populismo, il bisogno di una società e di una politica che non istilli veleni e paure del diverso al solo fine di governarle con la demagogia è quel che serve al Paese. Un giorno, una goccia farà traboccare il vaso. E la storia politica del Paese cambierà».
Quale sarà la goccia?
«Debbono stare attenti con gli attacchi a Fini. La politica che usa il ricatto permanente contro le istituzioni è miope, non può durare. Fini per il Pdl è più eretico di quanto non lo fossi io 5 anni fa. Ma venivo tollerato, oggi c’è l’insofferenza per chi non sta al pensiero unico. Informazione compresa. E Berlusconi che affida a Feltri la propria difesa politica dà una straordinaria prova della propria debolezza».
Perla sua esperienza, la carica di presidente della Camera difende?
«Abbastanza, sì».