postato il 9 Agosto 2011 | in "Economia, In evidenza, Politica, Riceviamo e pubblichiamo"

Reagire al lunedì nero

Esattamente la settimana scorsa avevamo scritto un articolo intitolato “Lunedi nero in Borsa: proviamo a ragionarci”, in cui esponevamo alcune considerazioni come, per esempio, che probabilmente S&P avrebbe provveduto ad un downgrade degli USA, e si è verificato. Avevamo anche rilevato come l’economia di tutta l’Europa (almeno delle grandi economie europee: Francia, Italia e Germania) stesse rallentando e oggi le borse francesi e tedesche hanno fatto peggio di quella italiana. Cosa si può dire oggi? Sicuramente che lunedì  è stata una giornata molto nervosa: prima si apre con un forte rialzo, poi si va negativi, di nuovo positivi e infine, sul crollo di Wall Street, si crolla definitivamente. C’è chi paventa una nuova crisi come quella del 2008 e chi riparla di nuovo della crisi del 1929. Su quest’ultimo punto vorremmo dire alcune cose: intanto specifichiamo che ogni parallelismo tra la crisi del 2008 o quella attuale e la crisi del 1929 è fuori luogo; con la crisi del 1929 il PIL arrivò a diminuire del 40% e con la disoccupazione che ebbe una impennata mai vista prima e arrivando a punte del 17% negli USA e del 24% in Germania a cui dobbiamo aggiungere alcuni milioni di semioccupati (il part time dell’epoca) . Da quanto detto si desume che siamo ancora lontani dalle vette (o forse sarebbe meglio dire dai baratri) del 1929, e questa è una cosa positiva. Però non dobbiamo sottovalutare la portata della crisi attuale che è una crisi essenzialmente di fiducia. Fiducia verso il futuro, verso le capacità di ripresa economica, verso una ripresa del processo di produzione di ricchezza. E oggi, possiamo dire che questa crisi di fiducia è ormai generalizzata e lo testimoniano le performance dei mercati europei e americani di oggi. Perché affermiamo che è una crisi di fiducia? Perché si è appena conclusa la “stagione” delle trimestrali, e le aziende americane ed europee hanno mostrato in media utili superiori alle attese, quindi non vi è il problema del 2008 quando alcune società molto grosse o chiusero (Lehman Brothers) o rischiarono di chiudere (Fanny Mae, General Motors, Opel ad esempio) o presentavano utili inferiori alle attese (le banche europee). In compenso, rispetto al 2008, le nazioni hanno oggi minori margini di manovra: gli stessi USA devono fronteggiare un debito molto elevato  e cercare di ridurlo, attuando di fatto, una manovra non espansiva per i mercati. A tutto questo si aggiungono i balletti della politica, non solo quella italiana, ma anche quella estera: il piano di salvataggio della Grecia, ha impiegato circa 16 mesi per diventare pienamente operativo a causa dei rallentamenti posti in atto dalla Germania (la Merkel non poteva inimicarsi l’elettorato) e degli stessi politici greci che hanno rimandato le privatizzazioni, salvo attuarle ora quando le società però si sono dimezzate di valore; l’accordo tra repubblicani e democratici negli USA è stato fortemente condizionato dalle scadenze elettorali. Questa è la situazione peggiore per i mercati, in quali soffrono tantissimo le incertezze e i continui rimandi. Quindi la risposta che bisogna dare alla crisi attuale è legata ad una azione chiara, semplice, incisiva e soprattutto rapida. La risposta in primo luogo deve arrivare dal governo che deve uscire dalla litania dei buoni propositi e impegnarsi concretamente per strutturare tutti i provvedimenti che oggi, non domani, devono essere presi. Per fare ciò è necessario l’apporto dell’intera classe politica che in questo momento storico è chiamata non solo a esprimere al meglio le proprie capacità ma anche a mostrare una supplementare dose di responsabilità per il bene del Paese. Politici della maggioranza e dell’opposizione potrebbero utilmente quello che da più parti viene definito lo “stile Casini” e che raccoglie quotidianamente elogi. Il leader dell’Udc ha dimostrato nel momento dell’acuirsi della crisi una straordinaria capacità di mobilitazione che non è consistita solamente nel manifestare in sede parlamentare al governo la disponibilità a mettere da parte le beghe politiche per cooperare sul tema scottante della crisi, ma nel sapere opportunamente indicare strade da percorrere e provvedimenti da prendere. Tra queste proposte ha meritato particolare attenzione la proposta di una commissione o tavolo comune per decidere iniziative utili alla crescita. Lo “stile Casini” è dunque un modo responsabile di fare politica, dove allo scontro fine a se stesso viene privilegiato un confronto che, anche se acceso, produce risultati e che è basato sostanzialmente sulla convinzione che tutti possono avere una buona idea per il salvare il Paese. Concretamente questo nuovo modo di affrontare l’agone politico non si è manifestato solamente nell’ultimo discorso alla Camera in occasione delle comunicazione del governo in merito alla crisi, ma quotidianamente con dichiarazioni e interventi sensati fatti di proposte e indicazioni e soprattutto con una presenza fisica a Roma e in particolare alla prossima riunione congiunta delle commissioni affari costituzionali e tesoro di Camera e Senato. Parole responsabili, proposte concrete e presenza assidua sono ciò che gli italiani, e anche i mercati, si aspettano in questo momento, è auspicabile pertanto che lo “stile Casini” prenda immediatamente piede nel Palazzo.

Riceviamo e pubblichiamo Mario Pezzati e Adriano Frinchi

 



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