Scuola, fotografia di un’Italia già multietnica
Immigrazione, integrazione, cittadinanza . Sono temi al centro del dibattito politico. Gli immigrati sono parte del tessuto sociale dell’Italia e costituiscono il 6% circa della popolazione, le imprese gestite da stranieri crescono di oltre il 10% annuo, un bimbo su 10 è figlio di immigrati.
Per fotografare l’Italia che cresce, e che è già una realtà multietnica, basta andare nelle scuole, dove gli alunni stranieri rappresentano il 6,4% del totale. Un dato che, qualche mese fa, ha spinto a parlare di “emergenza stranieri” nelle scuole italiane. L’allarme riguarda il rischio di una ghettizzazione, come denunciato dall’istituto Carlo Pisacane di Roma, dove su 180 alunni 165 sono stranieri. Nella scuola una mamma cinese è arrivata a ritirare l’iscrizione della figlia, perché voleva che imparasse bene l’italiano, che si integrasse nella società e non mandarla in una scuola frequentata prevaletemente da stranieri.
Alla luce dei dati Istat la seconda generazione di immigrati (il 13,3% della popolazione straniera residente) appare parte integrante del sistema scolastico italiano. Gli stessi dati evidenziano la voglia dei giovani alunni stranieri e delle loro famiglie di inserisri nel mondo del lavoro: il 78% di essi si iscrive infatti agli istituti tecnici o professionali, solo il 13,7% sceglie il liceo.
E’ compito della politica fornire linee guida per favorire l’integrazione, cercare convergenze per una legge sulla cittadinanza , fare in modo che gli immigrati non siano “sfruttati di giorno e fantasmi di notte”.
Integrazione non significa rifiuto delle proprie radici e perdita di identità. Si parla di identità quando ci si confronta sulla sentenza della Corte europea sul crocifisso nelle scuole .
I dati sulla presenza degli immigrati nel nostro Paese spingono poi a un’altra riflessione. Si stima che nel 2050 gli extracomunitari potrebbero rappresentare dal 17 al 20% della popolazione residente in Italia e se l’aumento percentuale dovesse restare costante, le nascite di bambini stranieri potrebbero addirittura superare quelle made in Italy.
Mentre si riflette su come favorire l’integrazione, indispensabile per ogni società che voglia dirsi civile, non si dovrebbe dimenticare di rivolgere la dovuta attenzione alle famiglie italiane, che fanno sempre meno figli. Non si dovrebbe dimenticare che, per una donna italiana che vive e lavora, non è facile pensare di conciliare la carriera con la maternità. Anche in questo caso è essenziale partire dalla scuola e dai servizi: servono incentivi alla maternità, sostegni per le famiglie numerose, più asili nido. E una politica che faccia della tutela della famiglie il primo punto in “agenda”.
Beh, dico la mia.. Che l’Italia fosse già un Paese multietnico, l’avevo già dato per assunto. Queste statistiche sono, quindi, la prova del 9.
E dalla scuola, può partire un processo di integrazione vero e profondo, perchè a scuola gli immigrati hanno la possibilità di entrare in contatto con tanti altri ragazzi, con la nostra cultura.
La scuola può essere esempio di integrazione, come posso testimoniare personalmente. Infatti, vorrei raccontarvi un episodio: qualche anno fa,la mia professoressa di italiano entrò in classe con uno sorriso sorpreso. Quando le chiedemmo il perchè, lei ci raccontò che un ragazzo, di origine algerina, aveva appena ricevuto la cittadinanza italiana e, mettendosi a piangere di gioia, aveva chiesto alla mia prof il testo dell’Inno di Mameli, perchè, come diceva singhiozzando, era diventato finalmente un cittadino italiano. Quest’esempio mi ha commosso, mi ha fatto capire quanto danno gli immigrati all’Italia, e quanta gente venga qui davvero per lavorare e per vivere.
Marta
Sono assolutamente d’accordo con l’articolo ma evidentemente qualcuno pensa di poter nascondere la testa sotto la sabbia.
L’articolo individua pienamente la urgenza assoluta di una scuola diversa, di una politica dell’integrazione, della condivisione e del sostegno economico alla famiglia italiana.
La questione del crocifisso è importante ma non possiamo continuare a ragionare sui simboli se poi nella sostanza non ci muoviamo nella direzione del dialogo su questioni concrete.
Come al solito in Italia la gente è in anticipo sulla politica e se continuiamo così finirà per travolgerla come fece negli anni novanta e questa volta potremmo rimanere sopresi dal fatto che a rimanere ghettizzati saremo (se non già lo siamo) noi e non gli extracomunitari.