Servono soldi veri alle imprese? Attiviamo il canale diretto.
Un contributo su temi economici ci arriva oggi da parte di Nicola Squicciarini, docente di economia a Treviso.
Un’alleanza tra governo, imprese e risparmiatori. Se non ora, quando?
A volte capita che i contendenti abbiano tutti ragione. È allora che bisogna preoccuparsi. Vuol dire che bisogna trovare una via d’uscita, fuori dalle regole vigenti che, evidentemente, non sono in grado di riequilibrare il sistema.
La tematica non è delle più semplici e, non escludiamo, che potrà apparire noiosa al lettore ma, quando si affrontano problemi complessi, l’analizzarli richiede un’attenzione particolare.
Partiamo dal ruolo avuto dallo Stato negli ultimi decenni. Man mano che il debito pubblico è cresciuto, il Tesoro ha svolto, sul mercato finanziario, il ruolo di un’idrovora che, assorbiva il risparmio delle famiglie, pagando il prezzo a queste più gradito, vedi collocazione dei titoli a mezzo asta, ossia era il mercato a stabilire quale sarebbe stato il tasso d’interesse. Concetto economicamente assurdo per un’impresa, che deve sempre tener presente un sostenibile rapporto costi/beneficio. A subire la concorrenza dello Stato sono state le banche e, infatti, da allora, fu coniato il termine “disintermediazione creditizia”. I cittadini aprivano sempre più conti correnti ( aumenta il tasso di bancarizzazione della società), ma i loro risparmi erano solo in transito, in attesa dell’acquisto di titoli di Stato. Le banche diventarono sempre più delle società di servizi, più che degli intermediari finanziari.
Tutto ciò accentuò il grado di conflittualità con le imprese, che incontravano sempre maggiori difficoltà ad ottenere fido, nel mentre subivano, anch’esse, la concorrenza dello Stato e, la Borsa italiana diventava sempre più asfittica. Era saltato del tutto il canale diretto di accesso ai mezzi finanziari, quello che dovrebbe mettere in diretto contatto le imprese con i risparmiatori.
Siamo arrivati al nocciolo del problema, allo scoglio da superare, ha quella che deve dar luogo ad una rivoluzione culturale dei soggetti dell’attività economica del nostro Paese. Un diverso rapporto tra imprese, risparmiatori e Stato. Perché ciò accada è necessario un cambiamento radicale delle abitudini di tutti e tre i contendenti. Vi appare velleitario? Certo, ma, se non ora, quando?
Vanno attivati i seguenti meccanismi.
Portare in Borsa le PMI. Perché ciò accada bisogna che gli imprenditori accettino di allargare la base azionaria. Si dotino di un sistema informativo efficiente e, rispettino in pieno, quanto stabilito dal codice civile: il bilancio deve dare una rappresentazione “veritiera e corretta” della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’impresa. Sottoporsi a certificazione del bilancio e al giudizio delle società di rating. A tal proposito si potrebbero approfondire le proposte, circolate recentemente, di istituire un’agenzia di rating dell’Ue o, per noi italiani, di una affidata, magari, a Bankitalia. È a tutti evidente la necessità di massima trasparenza richiesta dai risparmiatori, affinché possano decidere di investire i loro risparmi in una S.p.A..
Da parte del Governo vanno messe a punto interventi legislativi e politiche fiscali che, spingano gli imprenditori a quotarsi ed i risparmiatori a trasformarsi da Bot people in azionista, e quindi, soggetto attivo del tessuto economico nazionale.
Credo che questo sia davvero molto importante per la ripresa economica. Partire da questo punto significherebbe eliminare quei passaggi intermedi che hanno reso così statica l’economia italiana. Un rapporto diretto fra governo, imprese e risparmiatori semplificherebbe l’economia e le darebbe un nuovo impulso.
Purtoppo questo implica una presa di posizione da parte del Governo e,temo che Berlusconi non sia pronto a una manovra di questo tipo.
Marta