postato il 12 Marzo 2012
“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera
Il Governo Monti è la novità politica più importante della tormentata storia della Seconda Repubblica. Una maggioranza ampia e qualificata, che ha unito forze politiche distanti e alternative, ha scelto di sostenere in modo comune un unico esecutivo, che per semplificazione giornalistica è stato definito “tecnico”, ma che nella mia opinione è sempre stato “politico”, nel senso più ampio del termine: del resto, risolvere i problemi non è forse la prerogativa primaria della politica?
Il Premier Monti ha saputo vincere alcune sfide importanti, dalla riforma del sistema previdenziale alla battaglia dello spread, passando per il rilancio dell’autorevolezza del nostro Paese: non è stato semplice e non renderemmo onore alla verità, sostenendo che è stato tutto un tripudio di rose e fiori. Ma siamo orgogliosi di essere arrivati fin qui e di esserci arrivati in forze, facendoci spesso garanti – anche a nostre spese – dell’unità della coalizione, che alcuni (sbagliando) si rifiutano di ritenere tale, limitandosi a definirla come un “patto d’azione”. L’ABC, che speriamo non torni ad essere un semplice incipit grammaticale, è stato il pilastro su cui costruire la vita del Governo, che non è un agente altro o patogeno rispetto alla politica: gli uomini e le donne che lo compongono provengono da storie “tecniche”, ok, ma è indubbio che abbiano dimostrato delle sensibilità “politiche” straordinarie. Basti citare l’esperienza dei ministri Fornero o Severino, che si sono trovate a gestire materie difficili, ma che hanno già elaborato soluzioni interessanti: il loro lavoro sarebbe nullo, o non giungerebbe a pieno compimento, se il Parlamento non scegliesse di sostenerle. I tempi sono stretti, strettissimi: ma ci vuole coraggio. Ce n’è voluto tanto per creare questa situazione, ce ne vorrà ancora di più per far sì che non si perda tutto.
Lo scopo del Governo doveva essere – nei disegni iniziali di alcuni – solo quello di superare, magari promuovendo scelte politiche dolorose e indigeste, la stringente crisi economica. Secondo noi, invece, questo Governo può fare molto di più: può rimettere sui giusti binari il treno del nostro Paese. Può – anzi, deve – risolvere le gravi storture sistematiche che scontiamo da troppo tempo (e che non si chiamano solo articolo 18, per dire: sono altre e spesso ben nascoste); deve contribuire a ridare fiato e orgoglio alla maggioranza silenziosa del popolo italiano, che è stanco di subire i soprusi di una minoranza rumorosa; deve, come auspicò Pigi Battista qualche settimana fa sulle colonne del Corriere, “fare l’Italia”. Ma certo i “tecnici” non possono vincere questa partita da soli: a questo serve la “politica”. Proprio per questo, come del resto ha ben spiegato Casini, chi pensa di indebolire il governo per evitare di mettere mano nelle questioni scottanti sbaglia. La paura, le indecisioni, i giochini di palazzo non ci servono. Serve il coraggio di discutere a viso aperto, di confrontarsi, anche di scontarsi, per carità: senza dimenticarsi, però, di quanto la coesione e la solidarietà nazionale sono riusciti a fare finora. E di quanto, ancora, devono riuscire a fare.