Rassegna stampa, 26 ottobre 2011
postato il 26 Ottobre 2011Casini: «Lettera ridìcola, Silvio punta al voto» (Alberto Gentili, Il Messaggero)
De Bortoli – Mettere il paese davanti a tutto (Ferruccio De Bortoli, Corriere della Sera)
Casini: «Lettera ridìcola, Silvio punta al voto» (Alberto Gentili, Il Messaggero)
De Bortoli – Mettere il paese davanti a tutto (Ferruccio De Bortoli, Corriere della Sera)
Casini: nessun aiuto a Berlusconi (Carlo Bertini, La Stampa)
L’allarme dì Bersani e Casini: al Paese serve un governo forte (Ettore Colombo, Il Messaggero)
Bersani e Casini premono: «Il Cav deve andarsene» (Ettore Colombo, Il Riformista)
Il pressing del Quirinale “Occorre fare presto” (Antonella Rampino, La Stampa)
Pd e Udc: serve un tecnico. No a un esecutivo Schifani (Lina Palmerini, Sole24Ore)
La vignetta è tratta da “L’Unità” di oggi.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Mantovani
Dodici come gli apostoli, come le porte della città celeste. Si sente la mano evocatrice e visionaria che anima le saghe tremontiane nell’ipotesi dei “dodici condoni”, ma a leggerne i titoli la realtà è banalmente burocratica.
È lo spaccato della complessità e dell’inefficienza della macchina fiscale italiana, sommersa dalle mille norme, dagli errori di contribuenti e fisco e dall’irrilevanza dei controlli: un ottimo pagliaio nel quale occultare le evasioni vere.
Macchina che andrebbe profondamente riformata, senza attendere i diktat europei. Forse i “dodici condoni dodici” non appariranno al supermarket dell’ennesima manovra, ma con o senza di essi il fisco italiano rimarrà una delle palle al piede che frenano la crescita.
Non dico nella realtà, non chiedo tanto, ma almeno nelle bozze un barlume di credibilità e serietà potevano metterlo.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera
Caro Silvio (non te la prenderai se evito i formalismi, vero?), ora basta. È ora di fare un passo indietro. È ora di dimettersi. Chi ti scrive, con molta sincerità e anche una punta di sfrontatezza, non è mai stato un tuo sostenitore: sono nato 18 anni fa e tutta la mia vita finora si è svolta sotto l’arco della tua storia politica; quando hai annunciato la tua discesa in campo, io avevo appena 4 mesi e 3 giorni; quando hai vinto per la prima volta le elezioni, 6 mesi e 2 giorni; quando le hai perse, per la prima volta, 1 anno e 4 mesi; quando le hai rivinte, per la seconda volta, 7 anni e 8 mesi; quando le hai riperse, per la seconda volta, 12 anni e 7 mesi; quando, infine, le hai rivinte, per la terza volta, 15 anni. Hai fatto il tuo ingresso nell’agone politico – che ancora io non parlavo e non camminavo – con dei programmi elettorali straordinari, con la promessa di mettere in atto la Rivoluzione Liberale, con il sogno dell’imprenditore venuto a modernizzare un Paese vecchio, stanco e disilluso: 18 anni dopo, se si esclude il fatto che ora parlo e cammino e che tu hai più capelli di prima, a me sembra non sia cambiato niente. Proprio niente. I programmi elettorali si sono susseguiti come tante fotocopie in ogni campagna elettorale; il richiamo alla Rivoluzione Liberale (e allo spirito del 94) è diventato un refrain obbligato e ridicolo; il Paese che tu avevi promesso di cambiare (e che dicevi di “amare”), è ancora più vecchio, più stanco e più disilluso di prima.
Caro Silvio, sei entrato in politica con a fianco intellettuali come Martino e Urbani e saggi consiglieri come Letta o Confalonieri. Guarda chi ti è rimasto accanto: ti professavi “liberista” e la politica economica del tuo governo è in mano a Tremonti, o a Sacconi o a Cicchitto (questi ultimi due non me ne vogliano, io sono pure troppo giovane, ma sbaglio o erano socialisti?); ti definivi “moderato” e in televisione vanno a rappresentarti moderatissimi del calibro di Santanché, La Russa o Stracquadanio; vogliamo parlare dei tuoi consiglieri d’oggi, poi? Finito in un cantuccio Letta (per colpe anche sue, chiaro) e sparito Confalonieri, l’eminenza grigia che ti sostiene, ti consiglia, mette a punto le strategie politiche con te è diventato Lavitola, uno sborone che si divide tra improbabili exit strategy e dichiarazioni di millantato credito.
Caro Silvio, diciamocelo: la situazione ti è sfuggita di mano (ammesso che tu e il tuo governo l’abbiate mai avuta, tra le mani). E va bene che c’è la crisi, ma non ci voleva poi mica tanto a provare a sterzare, a rimettersi in carreggiata: prima di scoprire l’amore per il nostro Paese, facevi l’imprenditore, dovresti sapere che in situazione difficili o si riemerge o si affoga, o si torna su o si va giù. Tu non hai fatto né l’uno e né l’altro: complice un’ambigua situazione e un ovvio deficit di competitività da parte delle opposizioni, sei riuscito in un capolavoro politico, quello di “galleggiare, galleggiare, galleggiare” (avrei voluto ripetere tre volte “resistere”, ma mi sono ricordato che per te sarebbe stata una citazione ostile). E dire che la BCE, diversi mesi fa, ti aveva mandato una bella letterina, con cinque punti assai interessanti di riforme economiche e sociali: non avresti dovuto fare altro che convertirli in legge, invece di barcamenarti in un teatrino delle parti osceno sulla manovra finanziaria estiva. Sei riuscito invece a scontentare tutti: dai sindacati alla Confindustria, dagli indignati ai tuoi elettori, fino ad arrivare ai tuoi partner europei. Hai dimostrato una piena inaffidabilità e hai demolito l’autorevolezza e il credito esteri di questo Paese – e, credimi, io non te lo dico con il sorriso sulle labbra, come ha fatto un tuo (ex?) amico. Io te lo dico, ribadendo quanto scritto su: con sincerità e sfrontatezza, come un ragazzo che alla prossima tornata elettorale voterà per la prima volta e che è stanco di doversi accontentare di fiumi di parole.
Caro Silvio, potresti anche ribattermi che se stiamo a questo punto la colpa non è solo o tutta tua. E sono d’accordo. Ma se questi 17 anni di Seconda Repubblica sono stati i più inutili e fallimentari possibili, la responsabilità è soprattutto tua. Tu hai permesso che le cose prendessero questa piega, tu hai radicalizzato lo scontro portandolo ai massimi livelli, tu hai fatto sì che il marketing pubblicitario si sostituisse alla politica. È con te che è nata la Seconda Repubblica ed è con te che morirà. E io, se permetti, vorrei umilmente occuparmi della ricostruzione dalle macerie, insieme a tanti Italiani di buona volontà.
Ciao Silvio, è stato un piacere.
Casini: Parigi non può ridicolizzarci (Maria Teresa Meli, Corriere della Sera)
Casini- “L’Italia non può essere ridicolizzata” (Paolo Festuccia, La Stampa)
L’opposizione- «Umiliati e trattati come la Grecia» (Diodato Pirone, Il Messaggero)
Diamanti – Il Paese sospeso tra indignazione e sfiducia (Ilvio Diamanti, La Repubblica)
Le irriverenti risate della coppia Merkel-Sarkozy su Berlusconi non mi hanno stupito. Ridere di Berlusconi all’estero è cosa molta comune, è sufficiente per rendersene conto fare un giro sui siti stranieri di satira o parlare con la gente comune. Personalmente quando all’estero ho citato Berlusconi mi sono imbattuto nelle crasse risate di un addetto alla sicurezza dell’aeroporto di Tel Aviv, nell’imbarazzo di una ragazza di Helsinki e nel sorriso ammiccante di un cameriere francese. Chiaramente un conto è ridere per strada tra gente comune, un altro conto è ridere ad un vertice internazionale. Di certo c’è che le risate della cancelliera tedesca e del presidente francese ma anche quelle dell’uomo di strada sono un indice preoccupante: nessun premier italiano aveva mai ricevuto un trattamento simile. A queste risate però bisogna rispondere, e la risposta la può dare solo Silvio Berlusconi. Non basta mettere il broncio e dire che “non si è mai stati bocciati”, occorre una decisa inversione di rotta, un cambio di stile e una presa di coscienza: l’Italia in questa congiuntura politico-economica non si può permettere un premier considerato alla stregua del pacchiano Bokassa. Occorre perciò un’immagine nuova, un’immagine di un paese coeso, impegnato e affidabile. Dubito però che questo si possa fare dal palco del congresso del movimento di Scilipoti o preoccupandosi della sorte di Lavitola. Una risata ci sta seppellendo, riusciranno Berlusconi e la maggioranza a rendersene conto?
Adriano Frinchi
Neanche di fronte gli evidenti e imbarazzanti ritardi di Berlusconi.
Nessuno è autorizzato a ridicolizzare l’Italia, neanche di fronte agli evidenti e imbarazzanti ritardi con cui il Governo Berlusconi affronta la crisi. Non mi è piaciuto il sorriso sarcastico di Sarkozy nella conferenza stampa di oggi, e credo che anche per lui sia il momento di dimostrare equilibrio e serenità all’altezza delle responsabilità che ha assunto.
Pier Ferdinando
Sorgi – Ennesimo show . Il Cavaliere è pronto a ricandidarsi (Marcello Sorgi, La Stampa)
Alfano apre alle preferenze, Pdl diviso (Paola Di Caro, Corriere della Sera)
Silvio bluffa sulle preferenze (Alessandro De Angelis, Il Riformista)
Andreotti: il paradiso può attendere (Fabio Martini, La Stampa)
Tacchi a spillo, inni e limousine. E’ lo Scilipoti-day (Maria Corbi, La Stampa)
A casa Scilipoti c’è Silvio-show: «Sono qui, alla faccia dei pm» (Brunella Bolloli, Libero)
Equitalia reagisce alla campagna anti-riscossione (Avvenire)
Berlusconi: sic transit gloria mundi (Fabrizio Caccia, Corriere della Sera)
Bankitalia, Ignazio Visco, è il nuovo governatore (Fabrizio Rizzi, Il Messaggero)
Berlusconi: «Resistere fino a gennaio Così eviteremo le urne» (Paola Di Caro, Corriere della Sera)
Dal Pdl appello al premier contro declino e Tremonti (Ugo Magri, La Stampa)
A Volontè (Udc) il premio «Scandinavian human dignity» (Avvenire)