postato il 17 Novembre 2015
Il mio intervento nell’Aula del Senato dopo l’informativa del Governo sugli attentati di Parigi

Credo che non bastino più le parole di rito e che questo dibattito – lo abbiamo sentito già dalle introduzioni dei nostri Ministri – debba assumere un contorno di verità.
Ma consentitemi, prima di dire ogni altra cosa, di esprimere anch’io, da italiano, da padre e da parlamentare, tutta la mia profonda ammirazione per i genitori di Valeria Solesin.
Perché hanno detto delle cose bellissime, che valgono più di tanti nostri dibattiti parlamentari, raffigurando l’impegno della loro figlia come l’impegno esemplare di un cittadino italiano. Credo che, se il nostro Stato è grande e se il nostro Paese sa recuperare le proprie energie migliori nei momenti più difficili, lo è per persone come Valeria.
Ho sempre nel cuore e nella mente, non mi abbandoneranno mai, le immagini della folla di italiani, in una serata di pioggia, quando rientrarono i corpi dei nostri caduti di Nassiriya, in corteo da Ciampino al centro di Roma, a dimostrazione che nei momenti veramente difficili i grandi popoli sanno emergere per la loro capacità di forza morale.
Questa è stata anche la lezione della Francia in queste ore. Io sinceramente ho trovato molto decorosa la reazione del Presidente della Repubblica e delle forze politiche; e debbo dire che anche in quel Paese, in una condizione così difficile, si è riusciti a far capire la superiorità della democrazia e della civiltà, che noi, con tutte le nostre imperfezioni, rappresentiamo.
Abbiamo sentito due relazioni per me impeccabili; lo dico a nome del Gruppo di Area Popolare. Si dice che è il momento di mostrare i muscoli, di alzare la voce e di fare propositi roboanti. Scusate se sono tradizionalista, forse un po’ passato di moda, ma io credo che sia il momento della serietà e della ragionevolezza, perché i propositi roboanti il più delle volte si scontrano con il buonsenso e con l’azione doverosa e magari silenziosa che un uomo di Stato deve portare avanti. Il Ministro degli esteri ci ha detto che facciamo tanto e che dobbiamo essere pronti a fare di più. Noi siamo con lui. [Continua a leggere]
postato il 17 Novembre 2015
Nello spazio di apprfondimento di Rai 1 condotto da Bruno Vespa per affrontare il tema dell’Isis e della minaccia jihadista

postato il 17 Novembre 2015
La Russia può garantire l`exit strategy di Assad. Gli Usa hanno ragione, l`intervento di terra sarebbe un regalo ai terroristi
L’intervista di Umberto De Giovannangeli a Pier Ferdinando Casini pubblicata su L’Unità
«Occorre avere consapevolezza che la battaglia contro Daesh sarà lunga e difficile, ed essa si fonda su un presupposto essenziale: che tutti i Paesi che partecipano alla coalizione anti-Daesh remino davvero nella stessa direzione, ma finora non è stato così». A sostenerlo è Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Esteri del Senato, oltre che docente di Geopolitica del Mediterraneo alla Lumsa di Roma. Quanto al dibattito sulle strategie militari da adottare, Casini è perentorio: «Sono totalmente d`accordo con il presidente Obama – dice a “l`Unità” – l`intervento di terra in Siria oggi sarebbe un regalo ai terroristi». Quanto al coinvolgimento della Russia, Casini lo ritiene essenziale: «Noi dobbiamo trasformare l`intervento della Russia in Siria da problema a opportunità».
“La Francia è in guerra” ha annunciato solennemente Francois Hollande. Ma Daesh può essere sconfitto con i bombardamenti aerei e solo “manu militari”?
«Daesh è il tentativo di creare una piattaforma geopolitica nuova, su un territorio specifico, una sorta di Califfato che s`insedia su un territorio specifico, esercitando un controllo sulle risorse idriche e su quelle petrolifere, e che ha suoi messaggeri di morte nelle nostre città, determinati, addestrati per mesi in Siria e Iraq, contro cui non possiamo più permetterci, noi europei, di agire in ordine sparso. Sconfiggerlo sarà una battaglia lunga e difficile, ma c`è un presupposto che fin qui non si è concretizzato: che tutti i Paesi che partecipano alla coalizione anti-Daesh remino nella stessa direzione. Sono in troppi quelli che fino a oggi hanno addirittura finanziato il Daesh in funzione anti-sciita e anti-Assad – penso alle monarchie del Golfo e altri che fino a ieri hanno pensato più alle loro priorità che alla lotta all`Isis. Non c`è dubbio, ad esemplo, che la preoccupazione maggiore della Turchia sia stata la creazione di un possibile Stato curdo che unisse i curdi iracheni, siriani e turchi». [Continua a leggere]
postato il 16 Novembre 2015
Commissioni Esteri riunite nella sala del Mappamondo alla Camera con l’Ambasciatrice di Francia in Italia, Catherine Colonna. Un minuto di silenzio in memoria delle vittime di Parigi in contemporanea con l’iniziativa francese.

La coalizione che fronteggia la minaccia del califfato deve avere una strategia e dal male parigi ci auguriamo nasca il bene della definizione di una strategia, di una rinnovata collaborazione perché se ciascuno combatterà l’Isis combattendo proprie private battaglie che hanno altre priorità noi vivremo altre stagioni come questa.
Mi auguro esca dal G20 una rinnovata volontà di andare avanti assieme perché non è sfidata la Francia né l’Europa ma la nostra civiltà.
Mi auguro vi sia una maturità delle forze politiche italiane e francesi cioè che ci sia fino in fondo quel comune sentire, quel mettere davanti interessi nazionali che la drammaticità del momento richiede. Mi auguro che le polemiche politiche e le strumentalizzazioni lascino spazio al senso della sfida che abbiamo di fronte, una sfida che colpisce il nostro modo di essere.
Papa Giovanni Paolo II in visita alla Camera disse: “Nessuna guerra si può fare in nome di Dio”. Quindi non accettiamo di trasformare questo conflitto in guerra di religione, non vogliamo compromettere il nostro modo di vivere basato sulla libertà e la democrazia che sono valori indiscutibili.
postato il 16 Novembre 2015
Non cadiamo nella trappola dello scontro di civiltà
L’intervista di Claudio Marincola a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Messaggero
Non cadiamo nella trappola dello scontro di civiltà. Capisco che è difficile quando i nostri figli sentono alla tv che questi pazzi uccidono gridando il nome di Allah, spiegare che i terroristi sono una sparuta minoranza del mondo islamico. Che non c’è una guerra dell’Islam contro il mondo cristiano. Ma solo un gruppo di pazzi fanatici che colpisce l’intera civiltà. Dall’Egitto al Libano hanno colpito sia islamici che cristiani». Non fare il gioco dell’Isis. Non trasformare il nichilismo dei kamikaze, la negazione dei nostri valori in una guerrra di religione è la prima preoccupazione di Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato.
Dove l’Europa deve trovare gli anticorpi per opporsi a questa ondata di terrore?
«Credo che vada fatta una riflessione: qualcuno dice la Francia è stata colpita perché è andata in Iraq a bombardare. Oppure perché ha iniziato l’azione contro Gheddafi o perché è intervenuta in Ciad. Non credo che queste siano le ragioni vere. La ragione vera è che in Francia esiste un substrato sociale che sono le banlieu entro cui si reclutano a man bassa i foreign fighters che hanno scorazzato per l’Europa. La metodologia di quello che è successo a Parigi è impressionante per la quantità di persone coinvolte e per le modalità». [Continua a leggere]
postato il 16 Novembre 2015
Alla trasmissione di approfondimento politico di La7, condotta da Alessandra Sardoni, si parla di Isis e di strategia di contrasto al fondamentalismo jihadista
postato il 12 Settembre 2015
L’intervista di Marco Ventura a Pier Ferdinando Casini pubblicata su Il Messaggero

«Sembra passata un’epoca dall’11 Settembre, un’intera ondata della storia, e l’amara constatazione dopo 14 anni è che abbiamo fatto passi indietro: la strategia occidentale di contrasto al terrorismo si è rivelata inefficace».
Il presidente della Commissione Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, l’11 Settembre si trovava nella sua stanza di presidente della Camera: «Ero con D’Alema, qualcuno ci disse di sintonizzarci sulla Cnn. Rimanemmo stupefatti di fronte a quella violazione di un tempio, a quella strage».
E adesso?
«Bisognerebbe fare autocritica su certe missioni militari basate, dall’Iraq alla Libia, su un eccesso di fiducia, sull’idea che rimossi i dittatori la strada per la democrazia sarebbe stata più agevole. I dittatori sono stati rimossi, ma quei Paesi sono piombati in un caos generalizzato. E dalle ceneri della primavere arabe sono nate restaurazioni o Stati terroristici».
Che cosa deve temere di più l’Occidente?
«Nuovi attentati, magari per mano di foreign fighters figli di una nostra generazione perduta, ma anche insediamenti territoriali terroristici che grazie a armi, petrolio e tanto denaro hanno fatto saltare le statualità definite dopo la Grande Guerra. Non esistono più Iraq, Siria, Somalia, Libia. Intere aree del’Africa centrale sono dominate dai terroristi di Al Shabaab e Boko Haram. In Siria è impossibile distinguere buoni e cattivi, perché all’Isis si contrappongono eredi di Al Qaeda come Al Nusra o regimi agonizzanti come quello di Assad».
Quanto ci costa il disimpegno americano in Medio Oriente?
«Gli americani scottati dagli interventi in Afghanistan e Iraq, rassicurati dall’autosufficienza energetica raggiunta con lo shale gas, concentrati sul Pacifico orientale, sembrano dirci: adesso siete maggiorenni e provvedete da voi. Ma chi siamo noi? L’Europa è un’entità ancora astratta, purtroppo, nella politica estera e di difesa. E il dialogo con interlocutori fondamentali come la Russia è condizionato dalla vicenda ucraina».
Non rimpiangerà mica la Guerra Fredda? [Continua a leggere]
postato il 25 Luglio 2015
La lettera-appello di Emma Bonino, già ministro degli Affari esteri; Lucio Caracciolo, direttore di Limes; Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Affari esteri del Senato e Marta Dassù, direttore di Aspenia pubblicata su “la Stampa”
Caro direttore,
lo scenario internazionale intorno al nostro Paese è segnato da elementi drammatici di conflitto e instabilità. La minaccia del terrorismo, le sfide dello sviluppo, le incognite sui rifornimenti energetici e il futuro dell’ambiente, flussi migratori sempre più complessi da gestire, un nuovo clima di tensione tra blocchi contrapposti, l’ombra sinistra della guerra che si insinua di nuovo fin dentro l’Europa: realtà che, meglio di tante teorie, ci ricordano quanta parte della nostra vita quotidiana e della nostra sicurezza dipenda da dinamiche esterne.
Non possiamo rispondere a sfide di questa portata chiudendoci in noi stessi. Non può certo bastare la speranza di esser risparmiati da rischi o contraccolpi gravi. Dobbiamo piuttosto aprirci al di là dei nostri confini, rafforzare un ordine internazionale fondato sulla gestione politica e non solo militare delle crisi e ispirato al diritto internazionale. Dobbiamo promuovere la diplomazia economica e culturale, strumenti essenziali per avvicinare i popoli tra loro e allontanare lo spettro delle guerre. Per l’Italia ora e’ più che mai cruciale rilanciare le ragioni della politica estera, a cominciare dal quadro europeo, per alimentare una visione comune e di tutela dei nostri interessi nazionali. Per farlo servono strumenti efficaci, risorse umane e finanziarie adeguate per la politica internazionale, uno dei settori più penalizzati dai tagli degli ultimi anni. [Continua a leggere]
postato il 27 Giugno 2015
Nello spazio di approfondimento di Rai 1, condotto da Bruno Vespa, si parla degli attentati in Tunisia, Kuwait e Francia e dell’emergenza migranti.
postato il 24 Giugno 2014
Frontex deve essere una priorità
Signor Presidente del Consiglio, se posso sintetizzare, direi che lei ha chiesto due mandati: uno l’ha avuto il 25 maggio ed è giusto che lei lo abbia ricordato, perché fa parte della modalità con cui ci presenteremo in Europa; l’altro l’ha chiesto questa mattina alla Camera dei deputati e adesso al Senato.
Noi le diamo il mandato per fare una politica diversa, non per andare – come lei ha detto – con il cappello in mano in Europa. Nessuno, infatti, vuole andare con alcun cappello; non perché noi vogliamo scaricare le nostre inadeguatezze sull’Europa o magari trincerarci dietro i facili alibi europei, ma perché pensiamo che l’Europa non si difenda più con l’euroretorica, con l’evocazione dei grandi Padri fondatori del passato, con la nostalgia di quello che siamo riusciti a realizzare, una grande area di pace, libertà e democrazia. L’Europa si difende cambiando profondamente la politica europea.
Oggi siamo ad un bivio. Fino ad ora si è pensato illusoriamente di difendere l’Europa con l’euroretorica: oggi questo discorso non attacca più. Oggi l’Europa si difende dicendo che la politica europea va cambiata, che la stabilità è un valore e che la crescita vale quanto la stabilità. Forse sarebbe anche il caso di guardare agli Stati Uniti d’America che, con una politica espansiva attraverso la quale hanno prodotti investimenti per la ricerca, lo sviluppo, la tecnologia e l’ambiente, sono riusciti a rimettere in moto l’economia del Paese. [Continua a leggere]