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La più bella del mondo

postato il 18 Dicembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Marta Romano

Per chi l’avesse perso, offro un riepilogo e un’analisi sul programma mandato in onda stasera dalla Rai. Uno spettacolo, in tutti i sensi. Una performance di Benigni davvero strepitosa, da pelle d’oca: In più occasioni mi sono emozionata. Da brividi. Uno spettacolo di quasi due ore e mezza,senza alcuna pubblicità: una lezione di storia, di diritto e di vita.

Questo è il Servizio Pubblico che vogliamo!

Lo spettacolo di Benigni si apre con ironia: c’è un finto parallelismo col Medioevo (“periodo in cui c’erano corrotti, persone indagate, che facevano leggi terribili e votavano con una legge dal nome latino, il ‘Porcellum’! ”). Naturalmente, bersaglio dell’ironia è il mondo politico, con i suoi scandali, e in particolar modo Berlusconi; ma è tutto molto sobrio. Poche battute iniziali, perché presto il comico toscano entra nel merito del tema.

Benigni si sofferma a riflettere sull’importanza del voto e della partecipazione. Partecipare alla vita della Repubblica è fondamentale, così come votare. Non ci si può lavare le mani, non ci si può astenere dalla politica: altrimenti ci si comporta come Ponzio Pilato, si lascia la Repubblica nelle mani della folla. “E, si sa, la folla sceglie sempre Barabba.”

Dopo questi primi minuti, che già preannunciano una gran bella serata di Televisione (con la T maiuscola), Benigni invita a riflettere sulle istituzioni e sul loro ruolo. Invita a non generalizzare sui politici (“Se diciamo ‘Sono tutti uguali’ facciamo il gioco dei disonesti, dei corrotti. Perché così riescono a nascondersi, a farla franca!”), né a disprezzare le Istituzioni per colpa di chi le rappresenta (“Se un padre picchia ogni sera il proprio figlio, non diciamo che la paternità è una cosa crudele, brutta o sbagliata. Diciamo che quel padre non è un buon padre”).

Quindi, Benigni parla della Costituzione come legge fondamentale. Tuttavia, pensando al termine “legge” si tende a credere che sia accompagnata da divieti, da tanti “no”, un po’ come i 10 Comandamenti. Invece la Costituzione italiana “è la legge del desiderio, sprona a fare, a sognare. Il grande merito dei Padri Costituenti è stato quello di “rendere un sogno legge. E’ come se ti obbligassero a sognare, a desiderare”.

Dunque, la disamina del termine stesso “Principi Fondamentali”: sono principi che non si possono toccare, sono le fondamenta della nostra Nazione. Sono quei principi che si scrivono quando si è sobri, che servono a prevenire eventuali futuri stravolgimenti. Infatti, spiega la “Clausola diUlisse”: La Costituzione si auto vincola con questi principi. E’ come la metafora di Ulisse, che chiede di essere legato per non morire, per non cadere negli inganni delle sirene. Lo stesso hanno fatto i Padri Costituenti, hanno posto questi vincoli per far sì che l’Italia non cedesse alle sirene, per auto vincolarsi anche per il futuro.

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Il patriottismo da Garibaldi a Benigni: questo matrimonio s’ha da fare!

postato il 22 Febbraio 2011

Se tra cento anni in qualche piazza italiana le future generazioni potranno ammirare una statua equestre di Roberto Benigni al cospetto dell’Eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi, come è già successo a Dante e Petrarca in un bellissimo parco di Arezzo, allora vorrà dire che il Premio Oscar Benigni sarà riuscito a trascinare tutti gli Italiani in quel sogno d’Unità, che è stato anche il leit-motiv di tutto il Festival di Sanremo: il “restiamo uniti” di Gianni Morandi, ripetuto tante volte dal palco dell’Ariston, ecco che già si trasforma in un messaggio carico di significato, un significato molto più ampio e nobile, non solo circoscritto ai suoi compagni d’avventura, Luca e Paolo, Belen ed Elisabetta, bensì estensibile al popolo quasi come un monito.
Ho sempre considerato Roberto Benigni un Genio dei Nostri Tempi, poiché il Genio, proprio come lo è Leopardi o “il su’ Dante”, è colui che sa cogliere il sentire comune degli uomini , ma sa soprattutto carpire lo spirito, ossia il canto dell’anima, degli uomini del suo tempo, sapendone cogliere le ferite, le delusioni, le paure, ma anche i sogni, i sorrisi, le speranze: il genio le conosce meglio di chi ce l’ha dentro certe emozioni e con molta semplicità e naturalezza le carpisce per poi rispedirle al mittente, che non sapeva ci fossero….o che intuiva un’emozione, ma non sapeva come esprimerle. Ed il genio ti sa spiegare pure i tuoi come e perché, che hai nell’anima facendoti da specchio, poiché possiede una virtù che spesso altri non hanno e che, come diceva saggiamente Churchill, è tra le più importanti fra tutte le virtù, poiché senza questa tutte le altre muoiono: il coraggio.
Ecco, grazie al coraggio, Roberto Benigni ci ha fatto da specchio dal palco dell’Ariston e ci ha lasciato di stucco quando, facendo l’esegesi dell’Inno di Mameli, ci ha spiegato il perché ed il come essere uniti. Ciò che un ragazzino pensava gli venisse spiegato da un insegnante o da una voce istituzionale è invece magicamente provenuto dalla TV, dal Festival di Sanremo. E meno male! Ve lo immaginate che tristezza sarebbe stato uno spettacolo diverso o addirittura che avesse banalizzato, minimizzato e ridotto un evento così importante come i 150 anni della nostra Italia? E’stato importante invece, ancor prima che un bello spettacolo, collocare una festa nazione in una piazza nazional-popolare come quella del Festival di Sanremo. Ha ribadito bene questo concetto Roberto Rao, Capogruppo UDC in Commissione di Vigilanza RAI, sottolineando l’importanza della televisione come media fondamentale oggi per trasmettere Cultura ed insegnare.
La Rai ha comunque potuto dimostrare brillantemente a 19 milioni di Italiani (il picco raggiunto durante lo show di Benigni) di essere ”la prima azienda culturale italiana”, rendendo quindi un gran servizio al Paese, ed è auspicabile continuare a percorrere questo binario. Certamente ciò che ci rimarrà ben impresso nella mente non sarà solo l’unicità del nostro Roberto, ma anche il fatto che sia dovuto salire lui sul palco di Sanremo per supplire alle carenze di un Governo a cui non è venuto in mente di celebrare degnamente questa festa. E quindi, come in tanti altri periodi storici un po’ confusi dal punto di vista sociale e politico, ha dovuto farlo un artista, un poeta innamorato dell’Amore come solo Roberto Benigni è.
Meno male che è toccata a lui questa bellissima lezione di storia e di amore sulla nostra Italia. Egli, con una maestria che solo i grandi hanno, ha saputo rispondere all’appello di un altro grande, Antonio Gramsci, letto solennemente da Luca e Paolo, che spiegava ai suoi lettori perché si debba sempre rifuggire dall’indifferenza e come essa sia complice, se non causa addirittura, dei mali più grandi che dilagano tra gli uomini; un concetto ripreso da Alberto Asor Rosa, che parla dell’Indifferenza giudicandola non solo un principio di potere, ma un modo di vita che a lungo andare s’attacca come un morbo schifoso all’esistenza quotidiana di tutti, che ci impedisce di vedere che le questioni dei singoli si legano a quelle di molti, poiché siamo tutti collegati.
Se è innegabile che l’Italia sia un paese caleidoscopico, la cui storia di nazione inizia col mettere insieme (anche forzatamente, come ci insegnano Giordano Bruno Guerri e Pino Aprile) esperienze diverse, questo non può diventare un motivo per alimentare disfattismo e paure che non esistono, se non nelle menti avare e indifferenti di chi dà vita a queste menzogne, spesso servendosi dell’inganno. Alla paura,che paralizza l’uomo e lo distrae dai fini nobili, anzi divini, per cui egli è stato creato, bisogna necessariamente contrapporre la testimonianza vissuta, quella che appartiene a tutti noi italiani quando, viaggiando, ci conosciamo e ci “riconosciamo” negli occhi degli altri e “magicamente” possiamo constatare che non abbiamo nulla da temere gli uni dagli altri. I 150 anni non sono solo un compleanno, una ricorrenza, una data da festeggiare, ma sono soprattutto una GRANDISSIMA OCCASIONE per prendere coscienza della nostra storia, che non è iniziata felicemente sotto il profumo dei fiori d’oro e d’arancio, ma che, grazie a questa presa di coscienza storica amara, può ancora diventare tra le più belle fiabe mai raccontate. Questa fiaba è iniziata con quei ragazzi poco più che ventenni, proprio come Mameli, che morirono per quel sogno, convinti che la loro morte avrebbe dato a noi la vita. Basterebbe poco per un lieto fine però, confermando che la giusta causa non s’è dissolta nel nulla, così come le loro morti. Basterebbe innanzitutto riappropriarsi della facoltà di pensare con la propria testa e leggere, vedere, sentire. Basterebbe pensare che essere DIVERSI MA COMPATIBILI, QUINDI UNITI è una ricchezza, una forza, una marcia in più; quella marcia di cui per esempio abbiamo bisogno se vogliamo vedere l’Italia come nazione-chiave, fondamentale per l’ equilibrio, nel nuovo assetto geopolitico dell’area mediterranea.
I Padri costituenti realizzarono la Costituzione, perché ci amarono…e ci amarono talmente tanto che lo fecero, per nostra fortuna, con lungimiranza, affinché nessun uomo mai più potesse disporre della vita e dei pensieri di un altro uomo, come poteva accadere per questa ricorrenza, sentita innanzitutto dal basso.Se chi scrisse la Costituzione lo fece innanzitutto perché amava il popolo italiano, si capisce perché ogni tanto spunta qualcuno che non riesce ad interpretarla correttamente! E ritornando ai Mazzini,Pisacane,Mameli e Garibaldi, essi morirono per l’Italia, perché il loro sogno era costruire un BENE COMUNE DA TUTELARE, INTESO COME SISTEMA DI VALORI CONDIVISI DA DIFENDERE: questo significa ITALIA UNITA e sfido chiunque a dire che i valori morali siano diversi da Aosta a Cagliari, da Genova a Bari o da Ravenna a Roma.Incostituzionale è semmai affermare che l’Unità debba venire dopo il federalismo.Federalismo, welfare, protezionismo che c’entrano con la Festa di valori condivisi?
Concluderei, citando ancora una volta il pensiero sublime del poeta Benigni, che in un altro suo film capolavoro, “La tigre e la neve”, consiglia a tutto il genere umano di innamorarsi per mettere meglio a fuoco la Verità dell’universo che ci circonda. Ecco, forse l’Innamoramento è il vero antidoto per quell’indifferenza che temeva Gramsci: l’Amore in senso assoluto come unico vaccino efficace contro quel maledetto virus dell’indifferenza. E allora , come grida con gioia e mirabile felicità il nostro Roberto: INNAMORATEVI!!! Innamoratevi Italiani, guardatevi allo specchio della Storia e poi leggete la poesia che è dentro di voi, perché” la poesia non è fuori, ma è dentro”, come afferma Benigni. Dimostrate Italiani a tutto il Mondo che vi mancavano solo le parole per esprimere ciò che sentivate e che sentite, ora più che mai che ne avete preso coscienza: dimostriamo al Mondo che a volte ci vogliono 80 anni per scrivere una poesia d’amore, poiché ci vogliono 8 mesi per trovare ciascuna “parola giusta” che possa esprimere il sentimento dell’amore….Noi ci abbiamo messo un po’ di più, 150 anni, proprio perché siamo italiani e dovevamo trovare le parole giuste, per non far imbarazzare il Sommo Poeta.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Elisabetta Pontrelli

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