Wikimedia Italia sotto accusa
In questi giorni in Rete si parla moltissimo del caso di Wikimedia Italia, associazione non profit citata in giudizio per una somma pari a 20 milioni di euro.
Wikimedia Italia si occupa della promozione di Wikipedia, l’enciclopedia collaborativa ormai parte integrante delle nostre fonti di informazione, ma non è in alcun modo responsabile dei contenuti, né ha alcun accesso ai server. La gestione dei progetti è infatti della Wikimedia Foundation, associazione non profit con sede a San Francisco.
La vicenda è spiegata da Punto Informatico:
Giampaolo e Antonio Angelucci si sono rivolti a Wikimedia chiedendo 20 milioni di euro nonostante Wikimedia non sia proprietaria dei server né del dominio, nonostante non abbia alcun controllo né alcuna responsabilità sui contenuti pubblicati e modificati dagli utenti. […] Ma Wikimedia Italia e la community italiana dell’enciclopedia libera si stanno mobilitando: si invita a donare a mezzo PayPal, si dibatte con fervore presso il bar, si è provveduto a organizzare unapagina dedicata a coloro che si ritenessero colpiti dai contenuti prodotti dai wikipediani. Questioni come quelle sollevate da Giampaolo e Antonio Angelucci, si spiega nell’articolo, “spesso sono risolvibili applicando le regole del buon senso e chiedendo nelle sedi adatte“.
Wikimedia Italia è un punto di riferimento nella diffusione della cultura digitale nel nostro Paese. È quindi facile comprendere come in Rete molti si stiano mobilitando per sensibilizzare sulla necessità di protezione di queste forme di generosa condivisione del sapere.
@ Kamerroue
La ringraziamo per la precisazione: siamo stati tratti in inganno dall’aver trovato questa stessa imprecisione in altre fonti da noi consultate. Ad ogni modo provvediamo subito alla correzione del post.
Grazie mille e buon lavoro
QUALE RIFORMA DEL CONDOMINIO?
Molti quotidiani, nazionali e locali, hanno dato risalto alla notizia che vede il Parlamento impegnato nell’approvazione di una legge di riforma degli edifici in condominio.
Se ben conosco l’accezione del termine riforma vuol dire: MODIFICARE, TRASFORMARE UNA SITUAZIONE, UN ORDINAMENTO, UNA SOCIETA’, ECC..
Quanto invece è riportato dagli organi di stampa relativamente alla riforma del condomino, in data 14/09/2009 (il SOLE 24ORE), se fedele alle intenzioni del Legislatore, altri non è che la ripetizione di quanto è già noto salvo alcuni passaggi, assai preoccupanti e peggiorativi che, oltre che costituire una ulteriore GRIDA di Manzoniana memoria, porterà acqua al mulino di una già vibrante situazione che regna sovrana negli edifici in condominio; non è peraltro estraneo a questa situazione un Ordinamento Giudiziario sempre meno attento alla casistica che, quotidianamente lo investe.
Non va smentita, siccome vera, la seguente notizia che: ci sono 320.000 amministratori di condominio, di cui 55.000 quelli che gestiscono più di un condominio e solo una minoranza è professionista. Aggiungo che tra questa minoranza si celano anche grosse società immobiliari cui sono affidati notevoli patrimoni e, certamente, più attente a curare i business piuttosto che gli inalienabili diritti dei condomini. L’impostazione della legge di “riforma”, come vedremo, volge ad esclusivo favore di queste ultime; certamente, non dei partecipanti al condomino e deve censurarsi.
La legge in via di approvazione sembrerebbe sintetizzarsi nel seguente decalogo:
1) stop all’antenna selvaggia con evidente riferimento alle satellitari che invadono la facciate condominiali; 2) cessione delle parti comuni ( la definizione corretta è PROPRIETA’ COMUNI) anche in mancanza del voto unanime dell’intera compagine condominiale; 3) maggiori obblighi per l’amministratore, compresa una garanzia fideiussoria per i capitali gestiti; 4) bilancio trasparente; 5) diritto di ispezioni nelle proprietà individuali da parte dell’amministratore; 6) possibile distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato; 7) esecuzione delle delibere da parte di un condomino allorquando l’amministratore non vi provvede entro 30 giorni; 8) maggioranze più facili – gli intervenuti e almeno 1/3 dei millesimi -; 9) lotta senza quartiere ai morosi e, dulcis in fundo; 10) inquilino in assemblea.
Pur volendo ( ma non si vuole) sorvolare sul fatto che i dieci punti di cui sopra altri non sono che la “SCOPIAZZATURA” di norme già note, contenute nel Codice Civile, in Dottrina e Giurisprudenza, occorre richiamare l’attenzione del Legislatore sul fatto che l’attuazione della cosiddetta riforma, certamente sollecitata da gruppi i cui interessi mal si conciliano con quelli sanciti dalla Costituzione: il libero esercizio del diritto di proprietà, produrrebbe la immediata chiusura di studi professionali di indiscussa serietà e produrrebbe circa 120.000 disoccupati.
Una vera riforma non può prescindere dal parere degli addetti ai lavori che qui è inequivocabilmente assente. Si badi bene, gli addetti ai lavori non sono quelli della associazioni di amministratori (io sono iscritto all’ANACI con un passato da presidente provinciale a Bergamo); i loro statuti associativi, così come l’art. 1.129 c.c. che nulla dice su un eventuale amministratore illetterato, pur prevedendo il titolo di studio minimo della Scuola Media di Secondo Grado, non si pongono il problema di una selezione; la quantità prevale sulla qualità. La riforma non è attenta a questo. Non è mio ma di eminenti Giuristi il seguente assunto: alla base del 90% dei procedimenti che affollano i Tribunali vi è la imperizia dell’amministratore.
In quanto addetto ai lavori avverto l’obbligo professionale di offrire un contributo per la riforma coi seguenti suggerimenti:
1. escludere le società dalla professione di amministratore di edifici in condominio. Con una società come amministratore per il condominio i rischi sono maggiori di quelli che corre con la persona fisica;
2. negli edifici in condominio è diffuso il consiglio di condominio privo, però, di qualsivoglia riconoscimento giuridico. Piuttosto che chiedere una garanzia fideiussoria, praticamente impossibile da ottenere (nel mio caso servono ben 4.000.000; mentre chi amministra un solo condomino dovrebbe disporre di 20/30.000 €), sarebbe opportuno istituzionalizzare il consiglio di condominio che, sotto il coordinamento dell’amministratore, diviene “giunta esecutiva della volontà assembleare”. A questo organismo si deve assegnare il compito di una costante verifica dell’estratto conto bancario condominiale. E’ assolutamente inutile, infatti, limitare nel tempo la durata del mandato dell’amministratore che deve essere a tempo indeterminato e deve interrompersi allorquando vengono meno le condizioni minime indispensabili. Così facendo il professionista non sarebbe soggetto, come ora accade, alle “vendette” di quei condomini che, siccome destinatari dei provvedimenti che la legge impone all’amministratore, organizzano la revoca. Nella riforma la “giunta esecutiva” (consiglio di condominio) avrebbe anche la funzione di vagliare le richieste motivate dei condomini, tra cui quelle di revoca dell’amministratore che, solo se accolte, andrebbero sottoposte al vaglio dell’assemblea.
3. il regolamento di condominio deve solo essere contrattuale, con l’obbligo per le imprese costruttrici o dell’unico proprietario di farlo redigere da persone competenti (non scopiazzati come ora spesso accade) e inserirlo nel contratto di compravendita; lo stesso obbligo deve essere assegnato al notaio che ne verifica l’esistenza e, in caso di mancanza, lo impone. Il motivo di tale proposta sta nel fatto che il regolamento, se contrattuale, è opponibile a terzi, diversamente è di difficile attuazione;
4. assegnare la facoltà di voto all’inquilino, salvo che non sia per delega del proprietario come ora accade, è fatto assai negativo; salvo che a questo diritto non si associ l’obbligo di assumersi tutte le spese di quanto lui decide in vece del proprietario. Nulla contro l’inquilino, naturalmente. Egli non ha lo stesso interesse del proprietario a mantenere inalterata nel tempo la proprietà comune; quindi, ad avvalersi di fornitori in grado di farlo. Al contrario l’inquilino, avendo interesse a limitare al minimo i costi, non sarebbe attento nella scelta dei tecnici e fornitori dato che gli eventuali danni non farebbero capo a lui. Deve quindi restare il solo diritto a prendere visione della documentazione, attraverso il proprietario.
5. Il contributo, essenziale e imprescindibile, delle associazioni degli amministratori consta nel garantire che i propri iscritti non siano persone “tuttofare”, cosa che oggi non sono in grado di fare.
Non resta che attendere, con fiducia, un totale “ravvedimento” del legislatore.
Ponte San Pietro, 20 settembre 2009
Michele Cafagna
Amministratore di condomini
Già presidente A.N.A.C.I. Bergamo
È una vergogna che si possa colpire Wikimedia ONLUS Italia per una voce su it.wikipedia.org che ha sede a San Francisco. Si colpisce Frieda Brioschi solo perché è un soggetto debole ma lei non ha nulla a che fare con Wikimedia foundation che è una società americana.